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      BOY BEBORibelle Urbano
 
 
 
 
 
 
 
 
 ALLA STAZIONE DI BOLOGNA
 Una. Rosso tiziano a caschetto. Pantalone attillato nero in tessuto sintetico 
      a zampa di elefante. Affusolata. Una mezza pelliccia sintetica che toglie 
      lasciandola scivolare sullo schienale della sedia e mostrando un maglione 
      a lampo grigio. Fa le facce che farebbe una ragazza romana: un misto d’ingenua 
      infantile malizia. Ha viso e corpo stanchi come stimmate di un week-end 
      discotecaro (è domenica e l’amica che la fronteggia appare 
      ancora più sedotta dalla stanchezza). Pausa prima del treno. Mangia 
      biscotti ringo estraendoli ad uno ad uno dalla scatola. Avvicina la metà 
      al cioccolato ai denti e la stacca portandosela nel cavo della bocca per 
      masticarla voracemente poi fa lo stesso con l’altra ad impasto chiaro. 
      Sempre così uno dietro l’altro fino alla fine del cilindro. 
      La crema di cioccolato tra i due tondi a volte rimane sul chiaro a volte 
      su quello al cioccolato. Altre. Quattro donne con figli dai sei ai dodici anni. Intrattengono rapporti 
      di parentela (cognate acquisite e sorelle).
 Colonizzano il tavolo del self service come l’intero bancone e la 
      sala. Figli spediti a rimandare indietro quello che non si vuole e a richiedere 
      altro come una pretesa di fatto. Una prende il gelato poi tutte le altre. 
      Una offre la cocacola alla figlia di un’altra, la piccola innocente 
      e altezzosa rifiuta “mia madre ne ha una intera”. Con i figli 
      occupano i tavoli, mantengono (la sfavillante forza delle parole del Sud) 
      le porte del bagno, fanno picchetti alle borse mentre attraversano i corridoi 
      con furia da cavallette. Pretendono altri panini al posto di quelli troppo 
      bruciati, sbuffano, sono stanche, mutano dolcezze al richiamo dello zio 
      Mario… “siamo a Bologna zio…stiamo per ripartire…saremo 
      a…alle ore…come state (folgore del Voi)…” I cellulari 
      squillano con insistenza (mai i mariti…un caso?).
 Si rialzano per un giro di gelati comprati e cambiati dai piccoli. Pretese 
      e offese. Il mondo è loro.
 
 
 
 
 
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