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 Il letto di MT... di Carvelli
 
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E poi, Machado, le tue poesie!/ E' un po' come quando un uomo di mezz'età/ s'innamora un'altra volta. Una cosa bella da vedere/ anche se un po' imbarazzante./ Ho fatto qualche sciocchezza, tipo metter su il tuo ritratto./ E andavo a letto con il tuo libro/ per averlo a portata di mano. Una notte un treno/ è passato nei miei sogni e mi ha svegliato./ E la prima cosa che mi è venuta in mente, con il cuore a cento,/ nella stanza buia è stata:/ va tutto bene, tanto c'è Machado./ E poi sono riuscito ad addormentarmi.

Raymond Carver
"
 
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 17/09/2012 @ 13:01:41, in diario, linkato 727 volte)
 
Di Carvelli (del 17/09/2012 @ 09:56:32, in diario, linkato 590 volte)
Ho visto Bella Addormentata e mi è piaciuto con i però. I però: sono troppo giustapposte le storie laterali. E, anche se rimandano come exempla giustificati al tema principale (il libero arbitrio), sono in un rapporto troppo adesivo con quello. In particolare la storia del medico “salvatore” è un po’ debole. Certo a prendere di petto una storia (quella della Englaro) ci va coraggio e forse questa commistione di storie aiuta a stemperare il corpo a corpo. Altro però è la lunghezza. Non mi piace il titolo anche se funge allo scopo ma è uno scopo che mi sarebbe piaciuto fosse in retroguardia. Il tema dell’immagine (da qui anche la bellezza, le parole del premier su Eluana… “una bella ragazza”) ritorna anche nel discorso del politico Servillo ma il titolo lo avrei preferito meno diretto (ma si sa che ai nostri produttori i titoli piacciono chiari, anche in traduzione vedi alla voce Se mi lasci ti cancello). I non però sono nella buona regia ma soprattutto nella recitazione. Gli attori sono quasi tutti bravissimi. Ci sono alcuni momenti del film che ho trovato belli: Servillo che parla da solo per i vicoli dell’intorno Montecitorio. La doppia follia dei manifestanti (l’ostentazione del dolore in particolare). Non mi interessa disquisire sulle polemiche veneziane. Non so se avrebbe potuto (non dovuto, però) vincere. Ma il film non è provinciale (nemmeno nel senso in cui piace agli americani). Il film ha però qualche pecca significativa che forse si sarebbe dovuta risolvere in fase di scrittura. E con i però non si vincono i festival. Ma si possono comunque fare dei bei film. Coraggiosi, ad esempio (ma non… exempla).
 
Di Carvelli (del 17/09/2012 @ 09:24:40, in diario, linkato 566 volte)
 
Di Carvelli (del 14/09/2012 @ 08:56:15, in diario, linkato 627 volte)
A cancellare e poi a riscrivere ci va la forza del gomito, lo sfiato di una pena e - a pensarci bene - anche il precipizio del nuovo. Senza paura e senza certezze. Tutto un calcolo che non dà uno né mille. Tutto un fare che disfa e spesso ricrea dal niente. Una cosa che a molti non piace.
 
Di Carvelli (del 14/09/2012 @ 08:54:51, in diario, linkato 593 volte)
 
Di Carvelli (del 13/09/2012 @ 15:21:47, in diario, linkato 817 volte)
Bichsel: Quella fede che ci rende lettori
di Alessandro Zaccuri
 
​Berretto in testa e gilet di cuoio nero, Peter Bichsel si presenta all’appuntamento con la prevedibile puntualità di un cittadino della Confederazione elvetica. Peraltro anche l’estro, l’indipendenza di giudizio, l’umorismo sottile e rivelatore appartengono alla tradizione letteraria della Svizzera tedesca, rappresentata da scrittori tenacemente "irregolari" come Dürrenmatt, per esempio, o Max Frisch, che di Bichsel fu amico fraterno. Oggi, all’età di 77 anni, l’autore di Quando sapevamo aspettare (tradotto un paio di anni fa da Comma 22, che ha da poco riproposto il classico Il lettore, il narrare nella nuova versione di Anna Ruchat) è forse il più anticonformista fra gli ospiti del Festivaletteratura. Uno che proprio non ce la fa a ragionare in termini astratti e per ogni domanda rilancia con una risposta in forma di storia.

«È vero, sono uno scrittore che si esprime attraverso testi brevi – dice quando lo si interpella sul suo stile –, ma anch’io mi sono cimentato in un grande romanzo. Avevo otto anni e non sono mai andato oltre le prime due pagine. Non si può chiedere a uno scrittore di agire contro se stesso. Sarebbe come pretendere che un violinista si metta a suonare la tromba, adducendo il pretesto che sempre di musica si tratta. Fosse per me, mi dedicherei alla poesia e nello stesso tempo ai romanzi fluviali, ma alla fine non posso fare a meno di scrivere quello che ho sempre scritto. In effetti sono un pigro e scrivo poco per assicurare a noi pigri il diritto di essere scrittori».

Lei non ha mai apprezzato le cosiddette "storie vere", ispirate a episodi reali…
«In letteratura è vero ciò che funziona dal punto di vista della lingua. E poi bisogna evitare la confusione fra realtà e verità. A Bali, molti anni fa, ebbi una conversazione che mi ha profondamente segnato. Il mio interlocutore voleva sapere come mai per noi europei fosse così importante essere certi dell’esistenza storica di Gesù. Il suo sospetto era che si trattasse di una mancanza di fede. Per lui, mi spiegava, era del tutto irrilevante che le vicende del Ramayana fossero storicamente documentate. Il fatto che quel poema fosse frutto di invenzione non toglieva nulla alla verità che esprimeva. La mia posizione personale è abbastanza simile: non sono sicuro che Dio esista, eppure credo in Lui».

Come mai siamo finiti a parlare di religione?
«I tre grandi monoteismi hanno a che vedere con il libro e con la lettura. Anche le prime scuole fondate dai missionari cristiani non avevano come obiettivo la promozione sociale, ma si basavano sulla convinzione che un credente dovesse anche essere un lettore. Ed è così, infatti. Sa, io ormai i lettori li riconosco facilmente, per quanto siano sempre più rari. I loro volti assomigliano a quelli dei fedeli in una chiesa, glielo posso assicurare».

Lei ha molto fiducia nei lettori.
«Sono convinto che meritino estremo rispetto. Tutti, senza distinzione. Quando viaggio in treno, mi capita spesso di incontrare donne immerse in un romanzo rosa o in una rivista comprata all’edicola della stazione. Nella loro concentrazione non c’è nulla di diverso rispetto all’attenzione esercitata da un lettore di Tolstoj. Non sono mai riuscito a trovare una documentazione scientifica adeguata, ma sono convinto che l’atto della lettura produca di per sé una trasformazione fisica nel nostro corpo. Una specie di sommovimento ormonale, legato in qualche modo alla componente femminile di ogni essere umano».

Scrivere invece è un’attitudine maschile?
«No, l’unica differenza sta nella fatica iniziale. Si comincia a leggere più facilmente di quanto si cominci a scrivere. Per quanto mi riguarda, però, è sufficiente superare l’ostacolo della prima frase, dopo di che la scrittura genera sensazioni identiche alla lettura».

Si tratta, in entrambi i casi, di attività solitarie.
«Che tuttavia richiedono la condivisione con gli altri. Ha presente la famosa domanda su quale libro ti porteresti su un’isola deserta? C’è chi sceglierebbe la Bibbia, chi un quaderno con le pagine bianche, su cui mettersi a scrivere. La mia convinzione è che entrambe le risposte non siano soddisfacenti. Si scrive e si legge, per poter parlare con gli altri di ciò che si è scritto e si è letto. Anche in questo c’è un’analogia con la fede: il credente vive in una meravigliosa solitudine, che però è contenuta in una dimensione comunitaria».

Che idea si è fatta del cosiddetto libro digitale?
«Non ho nulla contro il computer, lo uso perfino per giocare. Ma per me lettura e scrittura sono esperienze legate alla carta. Sono sempre stato affascinato dal fatto che un pastore evangelico, così come un sacerdote cattolico, non ripeta a memoria il rito della celebrazione liturgica e faccia invece ricorso al Messale. Che è un oggetto fisico, non solo un testo. Ho in mente certe beghine che da decenni leggono la stessa copia della Bibbia, le cui caratteristiche materiali quasi si confondono con il contenuto delle pagine. Gliel’ho già detto, no?, che i lettori si assomigliano tutti».

www.avvenire.it/Cultura/Pagine/quella-fede-che-rende-lettori.aspx
 
Di Carvelli (del 13/09/2012 @ 15:18:51, in diario, linkato 568 volte)
 
Di Carvelli (del 11/09/2012 @ 16:40:00, in diario, linkato 918 volte)

 

 

Catalogo dei giorni felici

Mangeremo dolci a colazione
e mentre cala il sole
attraverseremo il Tevere in battello
dici e mi baci due volte sulle guance.

No - noi lo sappiamo -
non torna questo appuntamento.
E' libero dai giorni, dalle ore.
Come il fiume settembrino
che ci passa accanto
trascinando via le foglie.

daniela d'angelo - catalogo dei giorni felici - salvatore sciascia editore 

www.ibs.it/code/9788882413897/d-angelo-daniela/catalogo-dei-giorni-felici.html

 
Di Carvelli (del 11/09/2012 @ 16:34:19, in diario, linkato 591 volte)
 
Di Carvelli (del 10/09/2012 @ 10:04:17, in diario, linkato 624 volte)

Con alterna chiave

Con alterna chiave
tu schiudi la casa dove
la neve volteggia delle cose taciute.
A seconda del sangue che ti sprizza
da occhio, bocca ed orecchio
varia la tua chiave.

Varia la tua chiave, varia la parola
cui è concesso volteggiare coi fiocchi.
A seconda del vento che via ti spinge
s'aggruma attorno alla parola la neve.


 
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