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 Il letto orange a Odawara... di Carvelli
 
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L'amore è come l'alcool, più sei impotente e sbronzo e più ti credi forte e scaltro, e sicuro dei tuoi diritti.

Louis-Ferdinand Céline
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 01/03/2012 @ 09:53:33, in diario, linkato 695 volte)

http://www.paesesera.it/Societa/La-via-del-gatto
La via del gatto

È arrivato il momento delle presentazioni. Amiche e amici, lettrici e lettori questo è Google, il mio gatto. Anni quattro, un’adozione difficoltosa, un carattere indipendente e un po’ di m… ma – non c’è che dire – in questo ci somigliamo. Nell’essere forastici, affettuosi a tempo determinato, scevri da qualsiasi smanceria. Se fosse una foto-rebus la soluzione sarebbe “Google maps”. Il mio compagno, infatti, sta comodamente seduto sulla carta di Roma, le terga su Villa Ada, una zampa su Villa Borghese e una su Villa Torlonia. Ma non è di Google che vi voglio parlare, né di me. O, almeno, non direttamente. Mi piacerebbe qui tributare un omaggio ai gatti della nostra città. Al loro carattere di numi tutelari dell’Urbe, quell’aria disincantata con cui l’attraversano, l’attitudine sonnacchiosa con cui affrontano qualsiasi dramma gli scorra al fianco. Il coraggio distratto con cui si difendono dai suoi mille pericoli, la titubanza premurosa con cui guardano l’altro lato di una strada che forse non attraverseranno. La pena di essere nati o di finire a due passi dal Gran Raccordo Anulare o da una via di grande scorrimento e tutta la sfortunata roulette che questo può determinare. L’essere liberi, padroni di loro stessi e di tanti luoghi di cui si sentono proprietari con la buona fortuna che possa essere per sempre. E penso ai gatti della colonia felina di Largo Argentina o quelli di stanza in una villa della città dove, se tutto va come si deve, invecchieranno sereni. Lo so che molti di voi pensano ai gatti come a un disturbo. Olfattivo, per qualcuno. Sanitario, per qualcun altro. Immagino che per molti di voi gli animali abbiano un posto un po’ (o un po’ troppo) più basso nella scala dei valori. Comprendo che per diversi che leggeranno queste righe la convinzione che l’urbanizzazione debba cauterizzare qualsiasi manifestazione diversa da quella umana sia una persuasione inamovibile. Ma questo antropocentrismo – è il mio modo di pensare – renderebbe un po’ più povere le nostre giornate, più limitata la nostra visione delle cose. Ecco, vorrei che ognuno di noi si rappresentasse Roma come una città senza animali se non quelli condotti al guinzaglio sui marciapiedi. Senza il libero circolare di un’altra specie che ci insegna quanto l’autonomia possa essere un valore da apprendere con ammirazione. Soprattutto in questi tempi di varia costrizione: sociale, economica, viaria. Siete sicuri che la città sarebbe migliore? Riuscireste a immaginare una Roma solo tubi di scappamento e persone in fila per salire sulla metro? Vi voglio lasciare con un consiglio di lettura, anche se poco romano. Lo ha scritto un autore bolognese, Fabio Rizzoli. È un Almanacco dei giorni migliori giunto alla sua seconda puntata: Inverno (Fernandel, €14). Si avvicendano racconti, boutade, divertissement, elenchi, storielle accompagnati da consigli di lettura, visione, ascolto. Roma compare come una puntata della rubrica “Gli occhiali di Polifemo. Rubrica di notizie prescindibili”: “Inaugurata a Roma la prima Mostra Nazionale dello Sciopero. Evento di apertura: sciopero del personale della Mostra”. Può essere un’idea? Ma c’è anche un racconto del ghost writer del papa in crisi di idee mentre è alle prese con il discorso del mercoledì delle ceneri. C’è qualche gatto che passa qua e là o fa i versi dell’amore e un cane di cui facciamo nostro e sposiamo l'amore per i felini quando dice: “Una delle mie convinzioni è poi quella che lui abbia un gran senso dell’umorismo. Ovviamente non posso portare prove al riguardo. Però ne sono certo”. Come chioserebbe Rizzoli… Da fare: Trovare le prove che Roma sarebbe una città peggiore senza gatti.

 
Di Carvelli (del 29/02/2012 @ 10:08:42, in diario, linkato 690 volte)
Vi segnalo il sito della mostra diffusa (di arte contemporanea) al Quadraro di cui già vi parlai www.nuovagestione.net Nel sito trovate tutto quello che avreste potuto vedere ma non avete osato...
 
Di Carvelli (del 29/02/2012 @ 09:25:55, in diario, linkato 697 volte)
 
Di Carvelli (del 27/02/2012 @ 09:19:01, in diario, linkato 1156 volte)
Il dolore è a basso consumo energetico,
ha certo per noi un’aria familiare più o meno
                                                                                    consolante,
ha un livello di attenzione fuori dal comune,
lo vedi come si attacca a tutto,
ai piccoli nei, alle macchie sul corpo,
non ha un interesse classificatorio,
non fa distinzioni di razza,
il dolore è come quando uno non sente al telegiornale
ma capisce da strani segni che qualcosa
                                                                          sta andando male.
Il dolore si produce sia per il freddo sia per il caldo,
dal di fuori e dal di dentro, si prepara in panchina
                                                     con un dovuto riscaldamento,
si allena ogni minuto per entrare in campo,
il dolore dorme poco di giorno e niente di notte,
quando ha il raffreddore gli sembra di morire,
quando sta bene è scaramantico e non lo vuole dire,
il dolore ha una parola buona per tutti.
Il dolore è un tipo di cottura: se non lo controlli,
se non lo giri ogni momento si attacca come il risotto.
Andrea De Alberti
 
Di Carvelli (del 27/02/2012 @ 09:17:27, in diario, linkato 703 volte)
 
Di Carvelli (del 25/02/2012 @ 14:03:51, in Diario, linkato 792 volte)
Dio,/ andiamo io e te per mano/ in una tua pianura./ Là giudicami.
 
Di Carvelli (del 24/02/2012 @ 09:44:19, in diario, linkato 695 volte)
 
Di Carvelli (del 24/02/2012 @ 09:41:16, in diario, linkato 904 volte)

Piazza Cavour à la Perec
di Roberto Carvelli

“Ci sono molte cose a place Saint-Sulpice, ad esempio: il municipio, un ufficio del Ministero delle finanze, un commissariato, tre caffè di cui uno è anche rivendita di tabacchi, un cinema, una chiesa (…)”. Inizia così Tentativo di esaurimento di un luogo parigino di George Perec che la Voland (12€) manda in libreria in una edizione curatissima che si deve alla triplice competenza di Alberto Lecaldano: passione, organizzazione, traduzione. Sapientemente annotato e corredato da materiali grafico-fotografici, il libriccino di Perec trionfa nella sua geniale idea di letteratura geografico-situazionista. Per me che lo leggo in una fredda sera di febbraio, TELP – questo l’acronimo con cui lo scrittore francese sintetizza il suo progetto di racconto di un luogo – finisce per suggerirmi il medesimo esperimento in un topos romano conveniente all’adattamento. Lo trovo in piazza Cavour: per sottrazione. Anche qui un cinema, l’Adriano (che reca ancora la vecchia insegna di teatro), una chiesa, quella valdese, tabacchi e bar in un numero congruo. Se sostituiamo l’ufficialità con il palazzaccio e altri uffici siamo in un luogo equivalente. Il Palazzaccio, come chiamano i romani il Palazzo di Giustizia e che da questa piazza ammiriamo nelle sue pur belle spalle, è travertino sontuoso su disegno di Calderini. Viene da qui l’unico scroscio d’acqua della piazza a cui manca una fontana vera e propria avendo scelto il silenzio di una statua come baricentro. Quella “A Camillo Cavour Roma” come recita la didascalia: ed è una vera e propria dedica allo statista tutta trionfante di allegorie. Bisognerebbe raccontare al modo di Perec questo spazio il 14 febbraio 2012 – per gli amanti delle statistiche San Valentino – ore 19,20. Tentare come lui di esaurirlo in un’osservazione. Studiare questa ragazza con una busta di cartone targata Fendi (un regalo amoroso?), considerare il vai e vieni degli avvocati, fissare l’intellighenzia togata che come me sta bevendo un bicchiere (io un traminer) da Costantini (Il Simposio), una delle più antiche vinerie di Roma. In uno scenario di contenuta decadenza con fondali di viti in ferro battuto gettare uno sguardo, fuori dal vetro, a questo flusso complesso di auto (in questi giorni di una viabilità ancora più tortuosa vuoi per la rivisitazione del percorso vuoi per il rallentamento del ghiaccio). Poi riuscire e guardare la fila dei taxi che avanza a misure precise riempiendo il vuoto lasciato dal collega, silenziosamente come in una mossa di dama. La ragazza che passa con la borsa con il logo Gola, un’altra che dice “dopo undici anni ormai è come se fosse mio fratello”, quest’uomo che attende qualcuno davanti al cinema, altri che non si capisce se saliranno sull’autobus o vedranno un film. I numeri dei bus: 30, 70, 81, 87, 130, 186, 224, 280, 492, 913, 926, 6N, 7N. La somma fatela voi. Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali e la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale annunciano un palazzo di cancellate penitenziarie. La piazza sembra una giostra con due giri di macchine: uno interno e uno esterno. La libreria Claudiana dalla vetrina magnanima di consigli di lettura non troppo commerciali. La chiesa Valdese: chiusa ma con un cartello che rimanda a tre appuntamenti per la “Raccolta delle direttive anticipate di fine vita – Testamenti biologici. Lo sportello sarà aperto nei seguenti giorni…” Il culto, dice un altro cartello, è la domenica alle 10,45. Fa pensare – anche se c’è una ragione “protestante”, quella di un quartiere troppo vicino al Vaticano per non sentire l’urgenza di una contestazione – che l’unica chiesa (costruita tra il 1911 e il 1914 su disegno di Rutelli e Bonci) della piazza non sia cattolica e abbia questo aspetto così coloniale. Più in là un’altra libreria, Arion Prati, via Giovanni Pierluigi da Palestrina. Cornetto notte: si chiamerà ancora così uno dei rari notturni luogo di ritrovo anni Ottanta? I giardini della piazza sono pieni di bandoni che nascondono lavori. Guardando in alto, sopra il commissariato c’è una casa illuminata da una luce rossa. Pochi innamorati in giro, nonostante l’ufficialità della giornata, a parte due ragazzi che pattinano tenendosi per mano sul ghiaccio rimasto. Ed ecco il commissariato di Polizia con l’azzurro dell’insegna e una radio che da una macchina chiusa sparge informazioni nell’aria. L’Associazione mutilati e invalidi di guerra ha sede in un palazzo pentagonale su disegno di Piacentini del 1928 è appena là dietro. Continuando sul marciapiede un altro cartello: Ocular protesis srl. Faranno protesi agli occhi? Boh! Un centro per la formazione permanente dei diplomatici. “Voglio di’ almeno una mascherina” dice una ragazza passando. Un bar tabacchi. Un’edicola. La terza (o quarta?) banca che conto. Un taxi che passa clacsonando nervosamente. La vecchia insegna di un casalinghi che promette storini per finestre (che cosa sono?) e zerbini di cocco. Non c’è dubbio che le piazze circolari abbiano più fascino e, nel dirlo, penso al derby stracittadino dei pratolini: quelli che amano più piazza Mazzini e quelli che tifano per piazza Cavour (piazza Risorgimento mi sembra più luogo outsider e di passaggio a confine tra Vaticano e Prati). Piazza Cavour presenta tante vie di fuga. Dalle più larghe come via Cicerone e via Crescenzio fino alle complesse uscite verso il Castello Sant’Angelo di cui qui si dovrebbe dire “una volta qua era tutto prato” e farci così da soli l’etimologia di “Prati (di Castello)” come si chiamava una volta quest’area ora tutta uffici disposti in palazzoni. Se ne può venir fuori anche da via Marianna Dionigi, con più discrezione. Torno per un momento al libro di Perec, estraneandomi dal passaggio di donne e uomini curatissimi nel vestire, nelle acconciature: “In confronto a ieri cosa è cambiato? A prima vista, sembra tutto uguale. Forse il cielo è più nuvoloso? Sarebbe veramente un partito preso dire che ci sono, per esempio, meno persone e meno auto”. Mi domando se ripetessi questa osservazione anche io cosa cambierebbe. Si potrebbero definire delle leggi? Delle occorrenze? Forse anche voi dovreste provare a esaurire un vostro luogo romano. Scrivere da voi un vostro TELR (basta sostituire una lettera) salvo, con la dovuta umiltà, leggere l’originale come continuo a fare io.

 
Di Carvelli (del 23/02/2012 @ 11:26:12, in diario, linkato 709 volte)
 
Di Carvelli (del 22/02/2012 @ 11:43:12, in diario, linkato 863 volte)
È vero, come ha detto qualcuno, che
in un mondo senza paradiso tutto è addio.
Sia che tu saluti con la mano o no,

è addio, e se non ti salgono lacrime agli occhi
è addio lo stesso, e se fingi di non accorgerti,
odiando ciò che passa, è addio lo stesso.
 
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