Immagine
 Il letto di Dario (con Ostilia)... di Carvelli
 
"
Una volta mi disse che a New York l’arte del farsi strada dipende da quanto si è bravi a esprimere il proprio malcontento in modo interessante. L’aria è satura di rabbia e lagnanze. La gente non ha pazienza di stare ad ascoltare uno che si lamenta dei propri problemi, a meno che non lo faccia in modo divertente.

Don De Lillo
"
 
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 11/09/2007 @ 16:01:26, in diario, linkato 727 volte)
Tra qualche giorno saremo invasi dal piacere. Questa è la novità. O meglio il futuro. Il futuro dell'advertising. Ovvero la pubblicità di qualcosa che sta per arrivare senza altri profili. Francamente non voglio sapere di più. Non sono curioso di avere delle anticipazioni. Mi dà solo da pensare il fatto che il piacere si visualizzi e si prefiguri come un'invasione. Sinceramente ho un immaginario del piacere diverso e ve lo risparmio. Sinceramente continuo ad accontentarmi della mia semplicità e mi viene da riflettere che spesso queste pubblicità a indovinello e al futuro prossimo si traducano in un pericolo e ricordino certe barzellette con il finale che mai arriva e quando arriva è ormai tardi per ridere e per esserne sorpresi.
 
Di Carvelli (del 12/09/2007 @ 10:02:21, in diario, linkato 719 volte)
Dici "non sono all'altezza", dici "mi sento inadeguata", "tutto questo stare male...un male che dipende da me". Come faccio a convincerti che non è così severa la Legge? Che è rigorosa sì ma non così sanguinaria? Come faccio a convincerti che il tuo finirà solo per essere un solidarizzare con la sconfitta e che non serve piangersi addosso né alzare bandiera bianca? Rompo una tazza. O meglio la faccio scivolare dal tavolo e quella rimbalza sul pavimento - anche rumorosamente - e non si rompe. Tu dici "è un buon auspicio" e ti torna il sorriso.
 
Di Carvelli (del 12/09/2007 @ 15:17:24, in diario, linkato 1032 volte)

Erano giorni che mi interrogavo su quanta e quale (di quale peso) letteratura negli USA si sia interrogata sulle Torri Gemelle (sull'abbattimento delle) poi ho trovato questo articolo di Tommaso Pincio. Eccolo.

Finzioni nate dalle macerie
Nonostante sei anni siano pochi, è considerevole il numero degli autori che hanno raccolto la sfida di raccontare in chiave romanzesca l'attacco alle Torri. Da Amis a McEwan, da Updike a DeLillo, da Ken Kalfus a Claire Messud. Ma la prova migliore è di Cormac McCarthy con «La strada», che oggi esce da Einaudi Forse sarà un caso, ma il primo romanzo a contenere un riferimento diretto all'attacco al World Trade Center lo ha scritto un autore di fantascienza
di Tommaso Pincio

Nei giorni in cui l'America si preparava a rispondere all'attacco subito l'11 settembre 2001, cominciò a circolare una barzelletta un po' becera. In un futuro prossimo venturo un uomo porta il figlio a visitare Ground Zero. «Qui sorgevano le Torri Gemelle un tempo» spiega l'uomo al figlio. «Poi sono venuti certi arabi cattivi che hanno distrutto quei bellissimi grattacieli sbattendoci contro con due aerei rubati». Il bambino guarda il monumento che ricorda il tragico fatto, rimane un attimo assorto e poi domanda: «Papà, chi sono gli arabi?» Ovviamente, nessuno, nemmeno sull'onda dell'emozione, osò asserire che i musulmani andassero sterminati. Tuttavia eventi del genere mettono in campo dosi di emotività incalcolabile e la barzelletta rifletteva una più che serpeggiante sete di vendetta. In un articolo comparso sul finire di quell'anno, Don DeLillo - uno fra i più compassati scrittori contemporanei - affermava che quanto «accaduto ha contaminato, psicologicamente, l'aria che respiriamo» e invitava a immaginare «migliaia e migliaia di persone che si accalcano astiose giurando vendetta».
Inventare storie è immorale?
Raccontare può rivelarsi un'impresa improba quando la mente è soggiogata dai sentimenti. La narrativa, inclusa quella più visionaria, esige un minimo di logica, la capacità di poter allontanarsi quel tanto da dominare nella sua interezza e da più lati l'oggetto del racconto. Non per nulla, con una delle sue tipiche iperboli, Martin Amis dichiarò che «il 12 settembre, dopo essere stati un paio d'ore seduti alla scrivania, tutti gli scrittori della Terra avevano considerato, seppure controvoglia, la possibilità di cambiare mestiere».
La parola chiave è controvoglia. Come è naturale, gli scrittori desiderano che la propria opera rappresenti in maniera adeguata l'epoca alla quale appartiene. Accade dunque che di fronte a eventi di tali proporzioni, persino gli autori più inclini alla finzione vacillino. Si fa strada in loro il dubbio che forse c'è qualcosa di davvero immorale nell'inventare storie. Sono scossi da un rigurgito di realtà, per così dire, una rinnovata voglia di affacciarsi fuori della finestra per guardare e descrivere sciagure. Al riguardo, Ian McEwan dichiarò che si era stancato di confrontarsi con personaggi inventati. «Volevo che mi si parlasse del mondo. Volevo essere informato. Avvertivo di essere passato attraverso grandi cambiamenti e adesso era tempo di tornare a scuola». Da tanta voglia di imparare è scaturito Sabato (Einaudi, pp. 292, euro 17,50), romanzo nel quale l'angoscioso retaggio dell'11 settembre fa da sfondo a una giornata quasi qualunque di un neurochirurgo londinese di mezza età.
Nonostante il tempo trascorso sia relativamente poco, il numero degli autori che si sono cimentanti nell'improba sfida di raccontare in chiave romanzesca i non ancora metabolizzati eventi dell'11 settembre è considerevole. Martin Amis ha voluto osare più degli altri con Gli ultimi giorni di Mohammed Atta, comparso su «New Yorker» nel 2006. Per la sua brevità - è infatti un racconto - questo viaggio nella mente dell'uomo che fu alla testa del commando responsabile dell'attacco alle Torri Gemelle è però più una provocazione infarcita di stereotipi sulla cultura islamica che un vero tentativo di immedesimarsi nelle motivazioni di un terrorista.
Una prospettiva analoga ma di gran lunga più elaborata guida la storia del giovane Ahmad proposta da John Updike nel Terrorista (Guanda, pp. 293, euro 13,50). Sangue misto, figlio di una madre di origine irlandese e un padre egiziano datosi alla macchia, incapace di intrattenere rapporti con i coetanei, Ahmad è un alienato tra gli alienati. L'avvicinamento all'islam e il successivo progetto di far saltare in aria il Lincoln Tunnel di New York vengono descritti da Updike come l'estremo prodotto di una cultura che reagisce col delirio al proprio inesorabile declino.
Fin da subito gli scrittori americani hanno visto nell'11 settembre non una semplice aggressione da parte di una civiltà nemica - l'asse del male, come lo ha definito l'amministrazione Bush - bensì il segnale eclatante che qualcosa fosse sbagliato, o comunque corrotto, in quello stile di vita americano che in Falling Man, l'ultimo romanzo di Don DeLillo, viene chiamato il «cuore narcisistico dell'occidente». D'altra parte, già dai tempi in cui Conrad dava alle stampe L'agente segreto, ovverosia all'inizio del secolo scorso, il terrorismo è stato letto come una minaccia al sistema sociale centrato sul benessere della borghesia, il cosiddetto ceto medio di oggi.
Per un curioso scherzo del destino, appena una settima prima dell'11 settembre 2001 uscì negli Stati Uniti Le Correzioni, nel quale Jonathan Franzen mise in scena, con risultati peraltro notevoli, l'eterno dramma del sogno americano contrapposto al suo malriuscito doppio, la vita reale, per l'occasione simbolizzata dall'estinguersi di uno dei tanti focolari domestici di questo grande paese, una famiglia middle class come ce ne sono tante nel Midwest. A fare da cardine era per l'appunto il termine «middle». Le correzioni è infatti una totalizzante immersione nel cuore di quel vivere «normale» per cui la dissoluzione della famiglia quale microcosmo compatto e indissolubile è avvertito con la gravità di una tragedia greca, sebbene le Casalinghe disperate fossero ormai dietro l'angolo. Logica vorrebbe che all'indomani di una catastrofe epocale, il pubblico se ne freghi di un romanzo su una famiglia qualunque. C'era il rischio che quella di Franzen restasse fatica sprecata e invece, grazie anche alla conduttrice televisiva nonché opinion-maker più ascoltata d'America, Oprah Winfrey, Le Correzioni è diventato uno dei più grandi bestseller della storia recente e un classico della letteratura contemporanea.
È oltremodo significativo che quasi tutti gli autori che si sono confrontati con l'11 settembre abbiano partorito romanzi in cui viene ricalcato il modello familiare delle Correzioni. Ken Kalfus, per esempio, interessante scrittore che finora aveva prediletto trame e contesti non convenzionali, pensò bene di immergersi in un bagno di quotidianità con la trita storia del fallimento di una coppia, una guerra tra lui e lei. Lui dovrebbe recarsi alle Torri Gemelle, dove lavora, ma fa tardi per flirtare con la maestra d'asilo della figlia. Lei dovrebbe prendere un aereo per San Francisco, ma il destino le risparmia di schiantarsi insieme agli altri passeggeri in Pennsylvania. Lui gioirà nell'intimo per il grande attentato terroristico della storia confidando che lei sia morta, lei farà altrettanto. È Uno stato particolare di disordine (Fandango, pp. 269, euro 18), quello descritto da Kalfus, dove regna l'incapacità di trovare un equilibrio tra la microsfera dei fatti propri e il grande palcoscenico dell'umanità. Una incapacità ormai cronica, degenerata; tanto che per risolvere una squallida questione di divorzio si auspica l'apocalisse.
Il quadretto dell'ultimo DeLillo è praticamente lo stesso: coppia in crisi sullo sfondo dell'11 settembre. E qui non si può fare a meno di notare che l'autore si era già cimentato nel tema quasi due decenni prima. La differenza è che in Rumore Bianco la catartica catastrofe della nube era un evento immaginario e il tutto appariva paradossalmente meno forzato. Sarà dunque un caso che Pattern Recognition (ovvero L'accademia dei sogni, Mondadori pp. 357, euro 8,40), il primo romanzo in assoluto a contenere un riferimento diretto all'11 settembre, lo abbia scritto nel 2003 un autore di fantascienza, William Gibson? La protagonista, una ragazza che si guadagna da vivere grazie alla sua idiosincrasia per i logo, ha infatti perso il padre a Manhattan proprio in quel giorno.
Se ne potrebbe dedurre che, quando il tempo trascorso è ancora breve, il realismo non sia lo strumento migliore per raccontare la storia. Tanto il romanzo di Kalfus che quello di DeLillo hanno un che di artificioso, ottenendo alla fine effetti opposti dalle intenzioni degli autori. Più credibile e umanamente vero pare Molto forte, incredibilmente vicino (Guanda, pp. 381, euro 18) dove Jonathan Safran Foer sceglie di osservare a ritroso il dramma delle Torri Gemelle attraverso gli occhi di un bambino figlio di una delle tante persone che si gettarono nel vuoto per sfuggire alle fiamme.
Di livello ancora superiore è un libro da noi passato ingiustamente quasi inosservato, I figli dell'imperatore di Claire Messud (Mondadori, pp. 493, euro 18,50): intorno a un fascinoso giornalista liberal di mezzà età, guru della scena culturale newyorchese, orbita una serie di personaggi tanto glamour quanto velleitari, che danno vita a una dark comedy il cui sipario cala per l'appunto l'11 settembre.
Il romanzo più riuscito
Al momento però la prova migliore in assoluto l'ha data Cormac McCarthy. Quantunque La strada (in uscita oggi per Einaudi nella bella traduzione di Martina Testa, pp. 218, euro 16,80) possa ascriversi al genere della fantascienza apocalittica, è praticamente impossibile non leggerlo come una cupa metafora della sindrome di quel giorno dopo. Finora McCarthy si era distinto come il supremo cantore di un'America delle origini dove gli uomini sono feroci e affettuosi come animali e su tutto domina una natura incontaminata. Il mondo di questo romanzo è invece una irriconoscibile e desolata distesa di cenere, l'America all'indomani di una catastrofe nucleare. Qualcuno ha voluto leggervi una sorta di rifacimento letterario di Night of the Living Dead, e in effetti in una delle rare battute di dialogo il protagonista pronuncia parole che suonano come un esplicito richiamo al film di George Romero: «Noi non siamo i sopravvissuti. Siamo i morti viventi di un film dell'orrore».
McCarthy non è mai stato un grande tessitore di intrecci, mai come in questo romanzo, però, la trama - semmai di trama di possa parlare - è ridotta al nulla. Un uomo e suo figlio avanzano in questa terra di cenere in cerca di cibo e di riparo dalle bande di cannibali. Non c'è trama perché i due non hanno alcun posto dove andare.
Camminano ma la loro unica metà è sopravvivere. La sola cosa che impedisce loro di rannicchiarsi in un anfratto e lasciarsi morire è l'affetto che li lega. «Il mio compito è quello di prendermi cura di te», dice il padre al figlio, «e mi è stato assegnato da Dio. Ucciderò chiunque osi toccarti».
Notizie dal mondo che fu
Per la sua scarnificata struttura, più che un romanzo La strada ha l'andamento di un tenebroso poema in prosa sull'amore filiale quale estrema fonte di senso. Ma è anche altro: una riflessione sul valore della memoria e del raccontare. L'assunto di partenza, in fondo, è lo stesso della becera barzelletta in cui il figlio chiede al padre chi sono gli arabi. Anche il bambino di McCarthy non sa nulla del mondo di prima. Il padre che ne serba il ricordo cerca di tramandargli questo patrimonio ogni qualvolta si imbattono nei resti del tempo che fu: vecchi giornali che riportano «strane notizie», lattine di Coca-Cola rimaste miracolosamente intatte. Un uomo e un bambino, le cose che c'erano e quelle che ci sono. La strada è questa, e non è una barzelletta. Riguarda il modo in cui va il mondo, da sempre, tanto l'11 settembre che qualunque giorno della storia dell'umanità.
 
 
Di Carvelli (del 13/09/2007 @ 11:42:41, in diario, linkato 770 volte)
L'ospedale è così: una specie di griglia di partenza della formula uno. Letti a due a due, in fila. Solo separati da muri. Ognuno gareggia da solo o con l'altro. Tu stai sulla tua monoposto e a fianco a te l'altra. Nessun letto è rombante. I motori sembrano spenti.
 
Di Carvelli (del 14/09/2007 @ 12:40:25, in diario, linkato 706 volte)

Parlano di titoli di Borsa come di atleti. Sono le 6e30 e io mi sono svegliato calando tramortito dal soppalco. Ho acceso il computer e messo su il caffè. Ho un'ora e mezza o due per scrivere prima di andare a lavoro. Ascolto il radiogiornale del mattino, le rassegne-stampa, un po' di musica (dal momento che inizio a lavorare). Dallo stereo la voce milanese dell'analista-giornalista "il titolo sta facendo bene...nel brevissimo...nel lungo...una buona prestazione...delle buone performance".
Ho sonno (ancora non esce il caffè), parlano di "nuove energie" e io capisco "X ha detto di puntare sui carboni ardenti". Dopo un po' sento che qualcuno, non capisco chi (un ministro?) è andato con un jet di Stato a vedere la F1 a Monza, mi sembra di capire che lo abbia fatto "per far felice il figlio" e penso che davvero siamo un Paese che ha molto a cuore la famiglia. Ma ho sonno, troppo sonno e penso che i radiogiornali andrebbero sentiti da svegli e non da affamati davanti ad un piatto di carbonara ma chiusi una stanza insonorizzata. Ognuno da solo. Ognuno chiuso là dentro. Per esercitare il nostro spirito critico e talvolta un po' di sano ribrezzo e indignazione. Un medico vicino che ci prelevi il sangue e veda quanto i nostri valori mutino a seconda delle news.

 
Di Carvelli (del 17/09/2007 @ 10:15:56, in diario, linkato 713 volte)

Perché è sabato, perché mi piace andarci solo (anche se non si è mai soli e certe volte è bello sentire che altri come te stanno facendo questa stessa esperienza collettiva della visione), perché mi piace il Labirinto (un piccolo e prezioso cinema di Roma a cui devo molto della mia formazione cinefila)...per tutti questi motivi sono contento di aver visto Il vento fa il suo giro. Per il film anche, ma in parte. Ma voglio parlare poco del film (che pure è un bel film, piccolo ma coraggioso) (due difetti: un'eccessiva lunghezza e qualche bozzetto... tipo il matto del paese) che mi ha fatto pensare alla filmografia di Anghelopoulos  anche quella determinata da un rapporto estenuato col tempo (che appare nel greco una misura poetica però anche se rende i film un po' gravi). Vorrei parlare del piccolo: i piccoli cinema, i film italiani, gli esordi, gli attori alle prime armi o gli aspiranti, chi studia, chi ancora non ha vissuto abbastanza. Ma, in realtà, vorrei parlare del cinema italiano e di chi non va a vederlo rimproverandogli la stessa piccolezza e determinando a priori una noia, un dissenso. Per me andare a vedere un film italiano (uscendone deluso o contento...non sorpreso o confermato) è come andare a vedere se mi si sono seccati i fiori anche se lo so che quelli non sono i fiori miei e a dargli l'acqua non sono io. E poi certe volte penso, purtroppo...ma è un pensiero mio). Forse è come andare a votare. Un consenso o un dissenso giusto ma sono giorni in cui approfondire qui è affossare lì (vedi Grillo e antiGrillo).  Giorni in cui si ripensa alla radicalità del dissenso, all'impossibilità del contesto (qui si potrebbe parlare della distribuzione), alla necessità della non-negoziazione. Ma ora il discorso si allarga mentre il vento fa il suo giro e tutto ritorna.

 
Di Carvelli (del 18/09/2007 @ 14:49:35, in diario, linkato 823 volte)
Parlava di se in terza persona: "perché Gaglianone (uso un cognome di fantasia) è coraggioso...perché Gaglianone si prende le sue responsabilità..." Ogni tanto diceva un "verrr-go-gna" e riprendeva il filo del suo "mandiamoli a casa" (che pronunciava con una voce flebile e irridente, quasi una specie di trombetta). Era il comizio televisivo su un canale privato di un tipo. Un generale. Uno che diceva di aver servito lo Stato e di avercela con la politica... E ora sembra che tutti siano diventati antipolitici, che si vogliano dimezzare lo stipendio, rinunciare all'autoblu...se continua di questo passo ci toccherà dare passaggi ad un sacco di parlamentari e da domani mi immagino tutti i nostri leader nella metro o sui bus...Per favore avvisatemi quando li vedete.
 
Di Carvelli (del 19/09/2007 @ 15:51:35, in diario, linkato 718 volte)

Ieri la casa si è riempita di schc e und e ichh che manco crauti e wurstel e birre affumicate e weiss. Ieri sera la casa era un concerto di voci teutoniche e io con gli occhi inchiodati al sottotitolo. Il senso di questa improvvisa ondata di suoni teutonici e mio irretiemnto dovevasi a questo film.

Al termine del quale mi veniva da pensare che Von Trier ci ha messo del suo ma molto dell'altrui e che alla fine, almeno per fantasia, matti lo siamo tutti, specie se c'hai qualcuno che ti parla fisso accanto. Banalizzo, sì. Smetto subito. Serve un gesto. Servono alcuni gesti. Non tutti i gesti risolvono, qualcuno toglie o solleva o sottrae. Il problema è che il più a breve mano è spesso quello che sposta non quello che trasforma. Forse è perché nessun gesto trasforma e si trasforma solo attraverso i gesti. Ecco perché ci si domanda Perché il Signor R. è diventato matto?

 
Di Carvelli (del 19/09/2007 @ 16:43:07, in diario, linkato 1244 volte)

Continuo a mettere insieme (e aspetto) gli scatti fotografici dei vostri letti. Continuo a credere (vedendo le immagini nella successione) che funzionino di più quelli vuoti di persone (salvo un piede che è scappato a buon titolo in uno). Continuo a credere che sia un bel modo per mettere in circolo amicizia ed estetica.

 
Di Carvelli (del 20/09/2007 @ 11:27:46, in diario, linkato 1212 volte)
Ho comprato una pianta all'Ikea. Una pianta. Un'edera per la precisione. E per la pignoleria una hedera hanging. Non è da montare contrariamente ad altri articoli ma similarmente ha indicazioni precise: "va collocata in penombra" e "innaffia moderatamente". Il vademecum si conclude con un inequivocabile "FUNZIONE PURAMENTE DECORATIVA, NON INGERIRE" (lo stampatello è il mio).
 
Ci sono 939 persone collegate

< aprile 2024 >
L
M
M
G
V
S
D
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
         
             

Cerca per parola chiave
 

Titolo
diario (3972)

Catalogati per mese:
Novembre 2005
Dicembre 2005
Gennaio 2006
Febbraio 2006
Marzo 2006
Aprile 2006
Maggio 2006
Giugno 2006
Luglio 2006
Agosto 2006
Settembre 2006
Ottobre 2006
Novembre 2006
Dicembre 2006
Gennaio 2007
Febbraio 2007
Marzo 2007
Aprile 2007
Maggio 2007
Giugno 2007
Luglio 2007
Agosto 2007
Settembre 2007
Ottobre 2007
Novembre 2007
Dicembre 2007
Gennaio 2008
Febbraio 2008
Marzo 2008
Aprile 2008
Maggio 2008
Giugno 2008
Luglio 2008
Agosto 2008
Settembre 2008
Ottobre 2008
Novembre 2008
Dicembre 2008
Gennaio 2009
Febbraio 2009
Marzo 2009
Aprile 2009
Maggio 2009
Giugno 2009
Luglio 2009
Agosto 2009
Settembre 2009
Ottobre 2009
Novembre 2009
Dicembre 2009
Gennaio 2010
Febbraio 2010
Marzo 2010
Aprile 2010
Maggio 2010
Giugno 2010
Luglio 2010
Agosto 2010
Settembre 2010
Ottobre 2010
Novembre 2010
Dicembre 2010
Gennaio 2011
Febbraio 2011
Marzo 2011
Aprile 2011
Maggio 2011
Giugno 2011
Luglio 2011
Agosto 2011
Settembre 2011
Ottobre 2011
Novembre 2011
Dicembre 2011
Gennaio 2012
Febbraio 2012
Marzo 2012
Aprile 2012
Maggio 2012
Giugno 2012
Luglio 2012
Agosto 2012
Settembre 2012
Ottobre 2012
Novembre 2012
Dicembre 2012
Gennaio 2013
Febbraio 2013
Marzo 2013
Aprile 2013
Maggio 2013
Giugno 2013
Luglio 2013
Agosto 2013
Settembre 2013
Ottobre 2013
Novembre 2013
Dicembre 2013
Gennaio 2014
Febbraio 2014
Marzo 2014
Aprile 2014
Maggio 2014
Giugno 2014
Luglio 2014
Agosto 2014
Settembre 2014
Ottobre 2014
Novembre 2014
Dicembre 2014
Gennaio 2015
Febbraio 2015
Marzo 2015
Aprile 2015
Maggio 2015
Giugno 2015
Luglio 2015
Agosto 2015
Settembre 2015
Ottobre 2015
Novembre 2015
Dicembre 2015
Gennaio 2016
Febbraio 2016
Marzo 2016
Aprile 2016
Maggio 2016
Giugno 2016
Luglio 2016
Agosto 2016
Settembre 2016
Ottobre 2016
Novembre 2016
Dicembre 2016
Gennaio 2017
Febbraio 2017
Marzo 2017
Aprile 2017
Maggio 2017
Giugno 2017
Luglio 2017
Agosto 2017
Settembre 2017
Ottobre 2017
Novembre 2017
Dicembre 2017
Gennaio 2018
Febbraio 2018
Marzo 2018
Aprile 2018
Maggio 2018
Giugno 2018
Luglio 2018
Agosto 2018
Settembre 2018
Ottobre 2018
Novembre 2018
Dicembre 2018
Gennaio 2019
Febbraio 2019
Marzo 2019
Aprile 2019
Maggio 2019
Giugno 2019
Luglio 2019
Agosto 2019
Settembre 2019
Ottobre 2019
Novembre 2019
Dicembre 2019
Gennaio 2020
Febbraio 2020
Marzo 2020
Aprile 2020
Maggio 2020
Giugno 2020
Luglio 2020
Agosto 2020
Settembre 2020
Ottobre 2020
Novembre 2020
Dicembre 2020
Gennaio 2021
Febbraio 2021
Marzo 2021
Aprile 2021
Maggio 2021
Giugno 2021
Luglio 2021
Agosto 2021
Settembre 2021
Ottobre 2021
Novembre 2021
Dicembre 2021
Gennaio 2022
Febbraio 2022
Marzo 2022
Aprile 2022
Maggio 2022
Giugno 2022
Luglio 2022
Agosto 2022
Settembre 2022
Ottobre 2022
Novembre 2022
Dicembre 2022
Gennaio 2023
Febbraio 2023
Marzo 2023
Aprile 2023
Maggio 2023
Giugno 2023
Luglio 2023
Agosto 2023
Settembre 2023
Ottobre 2023
Novembre 2023
Dicembre 2023
Gennaio 2024
Febbraio 2024
Marzo 2024
Aprile 2024

Gli interventi più cliccati

Titolo
casa (8)
diario (1)
Letti di Amicizia (81)
libri (7)
Roberto (9)

Le fotografie più cliccate


Titolo

 


webmaster
www.lorenzoblanco.it








20/04/2024 @ 04:11:27
script eseguito in 322 ms