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      BOY BEBORibelle Urbano
 
 
 
 
 LA RELIGIONE DEL CORPO
 Officiano lungo le strade la religione del corpo. Per assolutezza ciecano 
      le facce con fascette nere. Muniti di macchine digitali attraversano le 
      autostrade prediligendo i nonluoghi che la modernità desertifica 
      alle porte della notte, lasciando lunghe file di carrelli alla merceologia 
      dei consumi mattutini. E’ una funzione senza regole: le righe della 
      cellulite, il grasso sui fianchi, la forma dei seni… Non esistono 
      controindicazioni a questi gesti fotografici di devozione. Lara è vestita di poco già da casa. Un gesto e il poco è 
      nulla o quasi. Antonio la guarda, ma mai bene come dentro la lente di vetro 
      della macchinetta. Le dice le cose che deve fare. Lara le fa. Fa quelle 
      ed altre che inventa in una perfetta padronanza dei riti e dei simboli che 
      nella preview sanno di talentuose e volontaristiche evoluzioni da pornodiva. 
      Lara ha un culo enorme, il perizoma gli sta a parentesi graffa. Tutto è 
      sovradimensionato, eccessivo, è la sua bellezza. Antonio le ha detto 
      di piegarsi così le si vede di più che è enorme quel 
      culo perché pensa – Antonio – che un culo così 
      è “semplicemente irresistibile”. Ha detto così. 
      Lara pensa altrettanto ma senza aver avuto bisogno di farsi convincere da 
      Antonio che conosce da quattro anni totali, mentre il culo se lo porta dietro 
      almeno da otto con relativi occhi appesi. Non c’era voluto Antonio 
      per notarlo ma a lui il privilegio dell’esibizione. Lui non era stato 
      mai uno di quei fidanzati gelosi che le dicevano di mettersi un golf alla 
      vita per celarlo. Lui no. Ostentare era sembrato un comandamento nuovo e 
      lei era contenta. Finalmente contenta come mai si era sentita in anni di 
      fidanzamenti e scenate.
 Antonio e Lara rappresentano il sesso da raccoglimento. Non amano farsi 
      vedere da altri durante questi sipari improvvisati. Il punto è fare 
      le foto. Poi, solo poi, le faranno vedere. Ma sul set nessuno, a differenza 
      di devoti confratelli amanti dell’esibizione da parcheggio-arena. 
      Loro no. Loro amano solo lo stadio colmo di messaggi lusinganti di internet. 
      Sono anacoreti, non predicano alle folle come altri. Ma loro come altri 
      hanno un culto spazioso e immediato, una religione dell’immediatezza 
      di cui vanno fieri senza l’officio della predicazione.
 
 
 
 
 
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