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Ospedale
Di Carvelli (del 09/03/2004 @ 22:41:42, in diario, linkato 820 volte)

Generalmente la frequentazione degli ospedali fa bene. Non mi riferisco all'uso delle cure né tantomeno alla disposizione verso i malati. Niente affatto. O meglio sì, se volete. Ce l'ho con quella felice conseguenza che ci vuole rasserenati come se ogni passo di corsia tenesse l'annullamento di un pensiero.

                                                

E allora eccoli questi metri e metri a seguire una striscia colorata che ti porterà al reparto giusto. Normalmente la gente si aspetta che all'ospedale si sia fratelli, ci si dia una mano. La gente pensa più o meno così. Dicono (il posto generalmente avvicina due urgenze, due dolori, due bisogni e spesso due impossibilità): questa signora mi aiuterà. Lo dicono persino i maschietti così poco adusi a deporre le scimitarre del faccio tutto da me. E invece alle volte (davvero è raro e lo dico per interposta esperienza) c'è questa donna che davvero non gliene frega niente. Sì poi magari se glielo chiedi ti aiuta ma... Sta due giorni e si è portata (si è fatta portare) non - bada bene - ha affittato ma si è fatta portare un televisore. Due giorni e un televisore. Che già dice molto della mentalità del senso di adattamento e di come ci spaventi da morire perdere abitudini usi ecc. vabbè tutta questa premessa per dire cosa? Che invece l'ospedale offre a chi la sa cogliere l'opportunità di una rilassatezza estemporanea, e così tanto innaturale da parere perfetta, sublime pur conservando penuria, squallore, freddezza. Gli orari anticipati (pranzo 12, cena 18) questi pattinatori o maratoneti di corsia con tenuta pigiama, i colori verdacqua: tutto sembra remare contro e invece? Si tratta solo di perdersi un po'. Magari è un discorso da fuori (di fuori) magari è un discorso da star bene e poi farlo. Magari sono solo belli gli ospedali. Certe volte.