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Due segnalazioni in uno
Di Carvelli (del 01/02/2007 @ 14:51:36, in diario, linkato 804 volte)

Segnalo un bel blog (scoperto per caso) www.luxuslinguae.splinder.com e un bel libro, quello di Marìas che vedo ritratto nella sua migliore versione (cartotecnicamente parlando) italiana. Il post mi ha fatto ripensare alla sua bella lettura e ai molti regali (mai purtroppo nella versione qui effigiata) ed è per questo che vi invito a questa doppia lettura.
Segue il post dal blog di cui sopra (a cui mi auguro che segua quella del serrato procedere da maratoneta di Marìas).

La ricerca del riconoscimento

Vero che la parola della settimana è all-nighter, ma la pensavo di segno diverso.

Anzi, una si ripropone di invertire il turno nottambulo, va a letto con le galline, poi però si sveglia all'improvviso a mezzanotte (sono quelli di sopra) e perde il sonno. Intanto si alza un vento ignoto che scatena uno sferragliare di lamiere di garage, uno sbatacchiare di oggetti che volano dalle terrazze, uno scuotersi di rami nudi, e tutta la casa sembra percorsa da fantasmi, le porte si aprono da sé scricchiolando paurosamente, la tromba delle scale ulula di vento, correnti d’aria lambiscono i piedi che camminano nudi sul parquet.

Non c'è verso di dormire, odio il vento, mi trasmette ansia, paura, senso di frantumazione. Pesco un libro dal cumulo del comodino, ma è il libro sbagliato se pensavo di ricadere nel sonno (la sveglia è puntata alle 6): Un cuore così bianco di Javier Marías (trad. di P. Tomasinelli, Einaudi, Torino 1999).


Oltre all'incipit che sembra la poetizzazione di uno di quei fatti di cronaca che attirano morbosamente il lettore, volente o meno (una giovane donna, appena tornata dalla luna di miele, va nel bagno della casa del padre e si spara al cuore), mi catturano le prime frasi in bocca al narratore in prima persona, Juan, interprete e sposo novello, perché, come si dice più tardi nel romanzo, «è forse questo che ci spinge a leggere romanzi e articoli e a vedere film, la ricerca dell'analogia, del simbolo, la ricerca del riconoscimento, non della conoscenza» (p. 210).

 

Il problema principale e più comune all'inizio dei matrimoni ragionevolmente convenzionali è che, nonostante la loro inconsistenza e la facilità con cui i contraenti possono sciogliere il vincolo, per tradizione è inevitabile sperimentare una sgradevole sensazione di punto d'arrivo, e dunque di arrivo a una fine, o meglio (dato che i giorni passano, uno dietro l'altro, impassibili, e non c'è fine) l'impressione che sia arrivato il momento di pensare ad altro. (p. 12)

Percorso da frasi ricorrenti, intessuto di citazioni shakespeariane che fanno da inquietante sottotesto a quella che potrebbe sembrare soltanto la normale storia di un normale matrimonio, animato da un ritmo lento e irreversibile, è come il bolero di Ravel, mi fa cadere in uno stato ipnotico da cui esco soltanto quando lo finisco, verso le 4 del mattino.

Mi sembra di aver sognato il libro, quando stamane mi alzo, in ritardo e con la testa gonfia di immagini e una frase incisa, quell’esortazione di Lady Macbeth «a non pensare so brainsickly of things, di difficile traduzione, in quanto la parola brain significa cervello e la parola sickly vuol dire cagionevole o malato, anche se qui è un avverbio; dunque letteralmente gli dice di non pensare alle cose con un cervello così malato o così cagionevolmente con il cervello, non sono bene come ripeterlo nella mia lingua […]» (p. 79).