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Persecution e un brandello
Di Carvelli (del 16/09/2009 @ 08:56:50, in diario, linkato 670 volte)

Ieri sera ho visto e mi è piaciuto Persecution di Patrice Chereau (film presentato a Venezia). In realtà è stato un incontro fortuito e perciò fortunato. Dovevo andare a vedere Lebanon (che Venezia ha vinto) o Videocracy con amici. Ma avevo scelto Lebanon alla fine. La sala era stracolma e al completo così di corsa ad una sala vicina. Un attore in stato di grazia (Romain Duris), un regista che si cimenta (continua a farlo) con l'intimità amorosa (quindi viaggia al fianco degli attori, gli sta addosso...cose che ad altri fautori di un cinema di azione possono risultare irrritanti) per un film che viaggia sul filo della malattia (amorosa). Daniel perseguita Sonia ed è perseguitato da un malato di mente invaghitosi di lui. Lo scambio sano/malato è terapeutico. Come al solito la domanda: chi è sano, davvero? Sonia ama Daniel nel modo in cui bisognerebbe amare ma è riamata nel modo sbagliato. Di un'intensità disperata e bisognosa. Generoso è Daniel: a guardare gli altri, a seguire gli amici, persino a cercare di salvare passanti. Generoso è perché vuole amare Sonia. Eppure dà chiedendo? Un disperato bisogno di salvezza pronunciato in forma di offerta. bella è la sceneggiatura, la direzione degli attori, tutto. Sono tornato a casa e ho dormito meravigliosamente dopo aver abbozzato un racconto (non sto scrivendo in questo periodo e tutto quello che mi arriva lo chiamo Brandello di stoffa per un vestito che forse non indosserò). Come un brandello, dunque. Questo:

Come inizia il bene

Un senso indefinito di benessere. Un vuoto in cui stiamo bene. Come la chiamiamo questa sensazione che ci pervade oggi, il giorno in cui ci siamo lasciati indefinitamente (perché non ho scritto definitivamente?)? Forse dovremmo festeggiare o forse no. Forse non siamo così certi che questa sia l’ultima volta in cui diciamo basta a una cosa a cui diciamo basta dal primo momento. La prima volta in cui ci siamo visti è stata quasi la prima volta in cui ci siamo amati. Il giorno dopo il cielo era nuvoloso e noi meditavamo la fine, studiavamo un piano di fuga. O ne eravamo studiati? Non è mai ben chiara la sensazione di qualcosa che non va, che non ci convince a fondo. A volte sembra l’idea di un non poter fare diversamente – quindi una scelta; quindi una decisione o una sensazione (a seconda di che valore diamo al percepire piuttosto che al volere) – altre volte l’idea di dover fare tutto il possibile perché le cose non cambino. Il nostro dolore che sia il nostro dolore; come abbiamo sempre pensato non venga messo in discussione da un incontro per quanto bello.

La prima volta che siamo stati insieme tu avevi le gambe un po’ rigide e il respiro strozzato, corto. Io ti dicevo “non aver paura” e tu smettevi di averla. Di chi ti fidavi? Di uno che non conoscevi, uno che forse poteva farti del male, uno che forse non era la scelta giusta. Inizia anche così il bene: ingenuamente. E senza pensarci. Il respiro strozzato, le gambe trattenute e uno che ti dice “non ti preoccupare”. E tu, che smetti di preoccuparti. Inizia così. Dopo – non hai la forza di guardarmi negli occhi – fissi un punto impreciso del mio petto e ti addormenti. Inizia così. La gonna lunga a fiori, la maglia viola, roba sparpagliata e sonno. Hai deciso di fidarti. Di un letto a terra, di uno di cui a malapena sai la data di nascita ma non hai neppure avuto il tempo di chiedere alla tua amica "magica" che buona o pessima combinazione astrale vi avvicinerà o vi allontanerà. Venerdì e poi sabato. Giorni buoni per non sapere. Venerdì e poi sabato: un giorno ancora per capire. Cosa è giusto, cosa sbagliato? I segni li vedrai domenica o lunedì direttamente, dando uno sfiato a questa prima indecifrabile notte in cui ti addormenti fissando un petto che mai hai visto. Un petto diverso da ogni altro petto, di un respiro mai udito, di un corpo che fa un ideogramma strano su un materasso a terra di una casa che non conosci. Inizia così. E non sai come finisce ma pensi che è presto per chiederselo. Aspetti domenica.