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Come non detto (un racconto anche visivo e sonoro)
Di Carvelli (del 12/07/2010 @ 09:36:54, in diario, linkato 693 volte)

E' sabato. Saranno le 7 e mezza o forse le 8 meno un quarto. E sto uscendo dal giardino di casa in bicicletta. Fuori, sul marciapiede a grandi numeri qualche bambino ha disegnato una campana enorme. Come questa più o meno.

I gessetti sono bianchi e gialli. I numeri non sono perfetti ma grandissimi. Sorrido. Sembra quasi un regalo. Proprio di fronte al mio cancello, al mio campanello senza nome, alla mia buca delle lettere. Numeri. Occupano tutta la fascia del marciapiede. Comincio a pedalare. Accendo l'I-pod. C'è questa canzone. 
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The colours run away as the sun fades the day
I find it so hard to find the right words to say
I know that when I have to leave and close it all down
I'm losing everything that you have made me

Fa già un po' caldo. Incontro poca gente. Ma c'è quella strana sensazione di anticipo. Fra poco da queste case usciranno persone. Da tutto questo cemento fra un po' qualcosa. Lavoro? Fare la spesa? Continuo a pedalare. Ora sono solo in mezzo al verde. Deve essere parecchio che non passa nessuno. Il sentiero è segnato ma è stato invaso da rami di rovo che devo schivare con molta attenzione. Un cane abbaia. Esce la catena della bici. La rimetto. Ora è cambiata canzone. Questa.
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Pedalo un po' più forte. A fianco mi scorre immobile e antica la magnificenza delle antichità romane piene di tag, firme, erbacce. Pedalo e sudo. Penso che dovrei guardare l'ora ma non lo faccio. Smetto quando sono stanco, mi dico. Pedalo ancora. Qualcuno/a sta correndo qui a fianco. Ripenso all'altra sera. Troppo complicato da dire: penso ora e penso mentre pedalo. Ma il concetto è - per grandi linee - che le cose sono le cose. Che non è un grande concetto ma rende l'idea. Mi guardo a destra. E non c'è nulla di particolarmente perfetto ma è questo che mi piace. Qualcosa o qualcuno mi ha chiesto di amare l'imperfezione e la santifico fotografandola col cellulare. Ecco.

Di perfetto c'è forse solo quel lontano tratto di acquedotto. Posso scrivere la parola "vestigia"*. Forse no ma ormai è andata. D'imperfetto c'è solo la rete? D'imperfetto c'è solo l'erba mal tagliata? Ecco già due "solo". Imperfetto mi pare pure quel tratto di nubi lì a sinistra come una via lattea un po' strisciata e mal posizionata e i due canneti scarmigliati. Ma è un fatto personale. E il palo più alto e quello più basso? Sto parlando di nuovo della recinzione. E quelle case laggiù in fondo a sinistra? Un grande edificio in mezzo alle vestigia (ormai ci siamo, usiamolo). Riprendo a pedalare. Ora la canzone è cambiata ed è questa.
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Esco dal verde e sono di nuovo su strada. Sul cellulare ho visto che siamo ben oltre le 8. Vado a comprare i giornali sotto casa. Ripasso dalla campana che spero non scolorisca per un bel po'. A parte la manutenzione delle strade dovrebbe resistere. Sarebbe bello poter dire "la mia casa è quella davanti alla campana!" Poso la bici, mi stendo fianco a fianco al mio gatto nell'erba. Poi vado nell'altro giardino dietro casa e raccolgo una ventina di more (quest'anno ne avrà fatte centinaia il roveto dietro casa) e faccio colazione con quelle, uovo strapazzato con erba cipollina che ho raccolto nel giardino, caffè freddo. Leggo i giornali. Si parla dei mondiali, un po' di politica ma non trovo nulla che mi interessi in particolare. Così leggo articoli stupidi con la leggerezza imperfetta che merita la considerazione delle cose stupide. Poi sono attraversato da un pensiero. Qualcosa che non so dire. Forse qualcosa che dovevo dire e non ho detto. Ma mi sembra tardi e mi sembra caldo. Troppo caldo. Come non detto.

*

vestigio [ve-stì-gio] s.m. (pl.m. vestigi, più freq. pl.f. vestigia) 1 lett. Impronta che il piede lascia sul terreno SIN orma 2 fig. (freq. al pl.) Traccia, resto: le v. di una necropoli greca. sec. XIV