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Su Piersanti
Di Carvelli (del 25/10/2011 @ 09:10:21, in diario, linkato 787 volte)
Di Claudio Piersanti tutti abbiamo apprezzato finora e apprezziamo alcuni di noi la grazia del racconto. Ma forse da qualche tempo. Da dopo Luisa e il silenzio per essere più chiari. Da qualche tempo, dicevo, qualcuno tende a fargli pagare lo scotto dell'abbandono della provincia. Forse corrispettivo di un passaggio biografico. Eppure anche s rimaniamo affezzionati a quel libro - la sua cosa migliore insieme ai racconti de L'amore degli adulti e al romanzo Gli sguardi cattivi della gente - non possiamo non apprezzare il coraggio de Il ritorno a casa di Enrico Metz e di questo ultimo I giorni nudi. Due testi che affrontano con lucidità e verità un pezzo di storia italiana (il post tangentopoli, il passaggio dal tutto al nulla di un potente che poi nulla non è) e di un cambiamento dei costumi (sto volando basso). L'ultimo libro, in particolare, ha la forza del faccia a faccia con quegli amori tardivi (ma perché chiamarli amori e perché tardivi se l'amore rimane cinicamente agganciato a una paura e a un nichilismo di cui molti sono vittime, compreso il suo protagonista?). In particolare Piersanti forse per la prima volta dà spazio alla sessualità non accontentandosi di rappresentarla ma impegnandosi a significarla. Ed è già un merito. Non si discute che L'appeso e Charles possano essere dei testi incompiuti (il primo oserei pensare per scelta, il secondo per giovinezza di scrittura - era un testo più antico?) ma i libri successivi a Luisa e il silenzio meritano di essere considerati come un coraggioso percorso di ricerca fatto di scarti e spostamenti da un centro asseverato (la provincia, le storie intimiste e solitarie) e anche questo è meritorio. Forse noi a un autore chiediamo sempre di non cambiare, di serializzarsi, di ridarci quel che già ci ha dato (e a pensarci bene tutto ciò spiega il successo di autori come Camilleri e Carofiglio ma forse anche un De Luca, successi di pubblico più che di autori senza nulla togliere agli scrittori in questione). Siamo lettori cronici o cronicizzati? Spero nessuno dei due. E spero che neanche i critici cadano nel tranello dell'atteso.