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Titoli e cavalliditroia
Di Carvelli (del 31/05/2005 @ 10:22:39, in diario, linkato 950 volte)

Leggo:

Kamasutra in Smart dimostra che non bisogna credere alle apparenze: lo stesso Carvelli in un’intervista definisce il titolo del racconto “un cavallo di troia”. E’ davvero così, quel titolo serve solo (spudoratamente) a fare acquistare il libro. Ma in questo modo, ci domandiamo, non rischia forse di perdere quei lettori -un po’ meno “da gadget”- che i libri li leggono anche e che potrebbero passare, in sua compagnia, un’ora di piacevole lettura?

Se devo dire la mia. Il titolo (per quanto accattivante...o presunto tale) è quanto mai appropriato. Il discorso sull'amore (kamasutra) dichiarato è quello che si conviene all'interno (che è appunto una breve educazione sentimentale) per quanto il cote trattatistico sia evaporato in una scrittura-storia, in un racconto. ...in smart...vuol dire che è un discorso che avviene nella ristrettezza dell'angustia...  che è una macchina salvaspazio, che è una storia fugace, che è un vedersi nel breve del corpo (che poi breve nonostante noi non è)...che è - in definitiva - una metafora. Cavalloditroia per me non voleva dire "ingannare il possibile acquirente" (vendergli quello che non c'è) anche se poi magari è avvenuto e come scrive la giornalista può essere stato un deterrente alla lettura pura di un amante di letteratura come per un curioso delle posizioni... Non posso sapere chi acquisterà, sfoglierà distrattamente, chi regalerà... Posso solo onestamente propormi di avere delle cose da raccontare e/o da dire in una forma che mi diverta e mi dia l'impressione - l'impressione - di aver messo insieme qualcosa di cui non pentirmi. KIS insegna che non bisogna credere alle apparenze sì... che la variantistica del coito non è ipso facto iltitolo di un'opera più complessa di educazione all'amore... e che la smart è un oltre, l'oltre dell'oggetto....e qui ci vorrebbe Munari, Dorfles, Barhes...