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 Il letto svizzero di Antonella... di Carvelli
 
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Fuggi da ogni grandezza: la vita nostra in una povera casa può andare oltre quella dei re e degli amici dei re. (...) la roba che non ci si adatta è come il calzare del proverbio che troppo largo ci inciampa e troppo stretto ci piaga.

Orazio
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Vi espongo i fatti (2)
Di Carvelli (del 17/02/2010 @ 08:40:04, in diario, linkato 621 volte)

Prima di andare un po’ più avanti devo raccontare un fatto successo appena qualche tempo prima che Giuseppe e Anna si conoscessero. Un fatto piccolo e apparentemente ininfluente. Una sera Anna è uscita con un’amica – una cosa che, in verità, non le capita da un po’ – perché ha deciso che non può stare seppellita a casa indefinitamente. Quest’ultima asserzione che lei riverbera come un assioma deve essere una frase che qualcuna o qualcuno le ha detto con premura e lei ora ripete un po’ oggettiva. Una verità indiscutibile che ora è lì a fare da semplificatore, una specie di invito all’abbandono di questa lunga penitenza.

Così ecco Anna e Laura – questo il nome dell’amica – che escono. Il pretesto è un concerto in un locale minuscolo a Prati – non l’ho ancora detto ma questa storia si svolge a Roma e Prati, per chi non lo sa, è un quartiere a ridosso del Vaticano –  dove si sono date appuntamento Anna e Laura. Il concerto non è nulla di straordinario e forse interessa loro solo perché qualcuno della band è amico alla lontana di qualcun altro di cui è amica alla lontana Laura. Anna è andata un po’ per sfida con se stessa, come già detto, e comunque non con una passione per il genere musicale (già, qual è il genere musicale del concerto in questione?) della band. Neanche Laura può essere raccontata come un’appassionata o esperta di musica.

 

Fuori dal locale, che non è stato difficile trovare, salvo una estenuante – per Laura – ricerca di parcheggio, ci sono le due donne e un gruppetto di persone che fumano spegnendo i mozziconi in un posacenere alto di alluminio, troppo elegante per stare all’esterno. Laura è arrivata per prima, dieci minuti soli prima di Anna, abbastanza per farsi dare noia da un ragazzo con una bella parlantina ma un po’ ottuso che le ripete in continuazione le stesse cose (“aspetti qualcuno? Entri o aspetti qualcuno? Ci vediamo dentro o aspetti ancora qui?”) annullando la capacità dialettica di cui ha dato prova un minuto prima. Laura deve aver pensato che a rovinare tutto spesso basta una sola parola. Una sola parola contro dieci buone. Ma è un discorso che ha a che fare con la soglia di sopportazione di ognuno. La sua, la sua di questo periodo, è bassa davvero, pensa, e fa in tempo a veder spuntare la sagoma sul marciapiede di Anna per tirare una boccata d’aria. E una di fumo, prima di spegnere nella sabbia grigia del grande, sproporzionatamente bello, inutilmente elegante posacenere di un locale romano più dimesso dentro che fuori.

-        Scusami ma mentre mi preparavo a uscire mi ha preso male. Volevo restare a casa ma mi dispiaceva darti buca all’ultimo. Ci ho pensato, sai? Forse ho sbagliato, è ancora presto per uscire. Non credo sia una buona idea. Ti dispiace se andiamo a mangiare una pizza o a bere una birra veloce in un pub e ce ne ritorniamo a casa?

Laura la guardava con un misto di compatimento triste e responsabile. Pensava che, forse, se Anna era uscita era solo per la sua insistenza e ora aveva un’aria colpevole mista all’ansia di salvare una uscita nata male.

-        Entriamo un attimo, dài. Se non ci piace riusciamo e ce ne andiamo.

-        Non mi sento…

-        Un attimo solo, dài?

Laura tutto sommato era propensa a dare un’altra possibilità al tipo che aveva tentato di sedurla in un modo tra l’inopportuno e il divertente. Ma alla nuova negazione di Anna si era decisa ad assecondare l’amica e ora cercavano qualcosa lì intorno, proprio per non privare di senso la snervante ricerca di un posto per la macchina.

 

Dopo erano davanti a un pub dall’aria non esclusiva né elegante. Entravano senza pensare ad altro che a prendere quella birra veloce e via: ognuno verso casa sua. Per Laura una serata comunque passata fuori dalla monotonia domestica; per Anna la prima sera fuori casa da tempo. Già: da quanto tempo?

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