Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 06/05/2011 @ 09:10:06, in diario, linkato 1257 volte)
Questa poesia è di Leonard Cohen (tratta da Il Libro del desiderio - Mondadori) e dopo vi spiego perché mi piace tanto.
Hai amato abbastanza (Leonard Cohen)
Io ti dissi che sarei stato il tuo amante. A queste parole ridesti. Persi per sempre il mio lavoro. Entrai nel novero dei morti.
Spazzavo le stanze di marmo, Ma tu mi rispedisti giù. Mi evitasti di credere Finché mi informasti che:
Non sono io quello che ama - E' l'amore che mi afferra. Quando giunge l'odio col suo plico, Tu vieti la consegna.
E quando la brama del tuo contatto Nasce dalla brama, allora tu Sussurri: "Hai amato abbastanza, Ora lasciami essere Quella Che Ama".
Nevicata (Mark Strand)
Se guardi la neve che scende a coprire la terra, coprire se stessa e tutto ciò che tu non sei, vedrai che è la deriva gravitazionale della luce sul rumore dell'aria che cancella l'aria è il cadere dell'attimo nell'attimo, la sepoltura del sonno, il rovescio dell'inverno, il negativo della notte.
Per Tess (Raymond Carver)
Giù nello Stretto le onde schiumano, come dicono qui. Il mare è mosso e meno male che non sono uscito. Sono contento d'aver pescato tutto il giorno a Morse Creek, trascinando avanti e indietro un Daredvil rosso. Non ho preso niente. Neanche un morso. Ma mi sta bene così. È stato bello! Avevo con me il temperino di tuo padre e sono stato seguito per un po' da una cagnetta che i padroni chiamavano Dixie. A volte mi sentivo così felice che dovevo smettere di pescare. A un certo punto mi sono sdraiato sulla sponda e ho chiuso gli occhi per ascoltare il rumore che faceva l'acqua e il vento fischiava sulla cima degli alberi, lo stesso vento che soffia giù nello Stretto, eppure è diverso. Per un po' mi son concesso il lusso di immaginare che ero morto e mi stava bene anche quello, almeno per un paio di minuti, finché non me ne sono reso conto: Morto. Mentre me ne stavo lì sdraiato a occhi chiusi, dopo essermi immaginato come sarebbe stato se non avessi davvero potuto più rialzarmi, ho pensato a te. Ho aperto gli occhi e mi sono alzato subito e son ritornato a essere contento. È che te ne sono grato, capisci. E te lo volevo dire.
(traduzione di Riccardo Duranti)
Colibrì (Raymond Carver)
Fai conto che io dica estate, scriva la parola “colibrì”, la metta in una busta, la porti giù per la discesa fino alla buca. Quando tu aprirai la lettera, ti verranno in mente quei giorni e quanto, ma proprio tanto, ti amo.
traduzione di Riccardo Duranti
Cito a memoria da Pagnol. Il tempo degli amori (Neri Pozza). Il motore della giovinezza è la vanità. E segue una serie di assurdità ascoltate in età giovanile tipo il vantaggio per le donne di camminare a quattro zampe per partorire in modo più agevole e amenità simili. In definitiva la trama della giovane età non è mai la creduloneria. Le stupidate funzionano perché ne rinfrancano la vanità. Il bisogno di credere per il vantaggio di sentirsi artefici di questa propulsione di scemenza. Purtroppo l'età come spesso accade non è indicativa. Spesso la vanità continua a essere il motore della nostra età matura. E crediamo alle scemenze che ci arrivano addosso, alle seduzioni, ora mi rendo conto, per questo male (grave ma curabile) che è la vanità. E' la vanità che ci strumentalizza e ci rende deboli e proni all'inganno. L'adultità è solo la disposizione a questo cambiamento. Spesso avviene per un passaggio crudele se non può accadere per maturazione. In definitiva: maturare vuol dire diventare meno vanitosi. Questa è la cosa che scrivo oggi.
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