Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
">.La recette de l'amour fou (Du chant à la une!) 1958
Dans un boudoir introduisez un coeur bien tendre Sur canapé laissez s'asseoir et se détendre Versez une larme de porto et puis mettez vous au piano Jouez Chopin, avec dédain, Égrenez vos accords et s'il s'endort alors là jetez le dehors Le second soir faites revenir ce coeur bien tendre Faites mijoter trois bons quart d'heure à vous attendre Et s'il n'est pas encore parti soyez en sûr c'est qu'il est cuit Sans vous trahir, laissez frémir Faites attendre encore et s'il s'endort alors là jetez le dehors Le lendemain, il ne tient qu'à vous d'être tendre, Tamisez toutes les lumières et sans attendre, Jouez la farce du grand amour, dites jamais, dites toujours Et consommez sur canapé Mais après les transports, ah s'il s'endort alors là foutez le dehors
Di Carvelli (del 10/03/2011 @ 08:46:01, in diario, linkato 1412 volte)
Eccomi ancora a parlarvi di Magda Szabó e del suo La porta.
Dove siamo. Emerenc, la donna di servizio, credendo di fare cosa gradita ha portato nella casa degli anziani datori di lavoro degli oggetti brutti, tipo un cane dalle orecchie smozzicate. Suppellettili un po' fruste.
La Signora prova a spiegare cosa non va in quegli oggetti.
Kitsch è un oggetto che ha qualcosa di non vero, che le persone hanno inventato solo per soddisfare un piacere superficiale e modesto, il kitsch è finto, falso, posticcio.
Ma non riesce e la reazione di Emerenc è furibonda e decisiva.
- Lei è cieca, e stupida e vigliacca, - disse come facesse un elenco delle mie debolezze. – Solo Dio sa cos’è che amo in lei, e qualunque cosa sia non se lo merita. Forse quando sarà vecchia le verrà il gusto, e magari anche un po’ di coraggio.
Chi deve capire,
la Signora , alla fine capisce e le sue conclusioni sono davvero una piccola legge del bene e del male. Una legge non scritta ma sempre in agguato. E’ la legge della proporzionalità. E’ la legge della differenza e dell’unicità.
Oggi, però, ho capito una cosa, che allora ancora ignoravo: una passione non si può esprimere pacatamente, disciplinatamente, morigeratamente, e nessuno può definirne la forma al posto di un altro.
Di Carvelli (del 09/03/2011 @ 15:08:33, in diario, linkato 1256 volte)
Io a X
Ciao
che dire...sei fortunata ad avere individuato il tuo limite anche se poi, lo sappiamo, è solo un inizio e il difficile è spostarlo quel limite. che è quello poi l'esercizio. si tratta solo di spostarlo continuamente e a furia di fare questa ginnastica il nostro destino si modifica di quel poco che serve, che è giusto. Ecco questo è. Spostare sempre un limite. e nello spostarlo trovarci in un altrove che ci fa più felici. reagire in un altro modo a quello che ci fa soffrire e quindi poi essere in un altro modo. ecco che aver individuato il limite serve se l'analisi è stata compiuta bene e non dubito che la tua lo sia.
Adesso è arrivato il momento. adesso devi fare questo piccolo salto individuando le cose che ti servono... non è una sconfitta ripartire. non è mai una perdita perdere. il punto è sempre ripartire migliorare. così è. il difficile è saperlo fare. provarci e crederci. un allenamento.
spero di essere stato un muro che ha rimbalzato bene la pallina...buona giornata
X a me
grazie
la palla ha rimbalzato a dovere.
tutto quello che scrivi è una conferma preziosa a ciò che (me ne accorgo ora) già sentivo dentro di me, ma che ancora non riuscivo a dirmi nel modo giusto.
forse questo esercizio del quale parli lo sto facendo da tempo, senza riconoscermelo.
ma 'riconoscerselo' credo che sia fondamentale e non per semplici questioni di autostima, 'autobiografia' ecc.
è parte dell'esercizio essere consapevoli dell'esercizio!
a volte dovrei stare più attenta a come parlo di me, a come mi penso.
vorrei scriverti molte altre cose, ma per ora preferisco tenermi dentro al cuore le parole, le tue, le mie. lasciarle libere ancora per un po' di andarsi a posare dove vogliono, andarsi a cercare l'una con l'altra.
ho capito bene le tue parole. è bello capire
grazie davvero, buona giornata
se permetti dedico a te e alla mia mamma (che ho sentito poco fa al telefono) il buonumore che porto nel cuore oggi.
Io a X
sei molto gentile
sono sicuro che questo periodo passerà...mi ha fatto piacere riflettere con te su cose che riguardano tutti e nel dirle a te è come se le ridicesse a me e serve sempre in più mi pare di scrivere cose che siano utili in genere e mi viene sempre da rielaborarle...
sono sicuro che finirà e ti avrà portato un po' più avanti rispetto a quello che eri.
sono sicuro che hai davanti a te un'autostrada
non so se ti riporterà lì dove eri
o altrove
ma sono sicuro che in mezzo dovrai far succedere le cose che devono
succedere
che sono quelle che ti servono
e questo non è detto che sia bello
ma è quello che è
cioè te
X a me siccome tu hai scritto 'è quello che è' a me è tornata in mente questa poesia che ti voglio regalare o solo ricordare, se già la conosci.
non so se è una di quelle poesie 'abusate'...però oggi mi piace e quindi non importa.
è semplice e ti lascia in testa una piccola idea, che può diventare una verità.
poi un giorno magari ti racconto quale, secondo me, è la poesia delle poesie. ora no perché non c'entra e perché mi fa venire nostalgie che non c'entrano neanche loro con questo tempo qua.
insomma, avevo comprato questo libro di poesie di Erich Fried tanto tempo fa. poi l'ho regalato ad un ragazzo del quale ero innamoratissima, ma lui non lo sapeva. e non l'ha mai saputo.
poi comunque sono cambiata tanto e ho cominciato a dire a quelli che mi piacevano 'mi piaci' spiegandogli anche perché.
senza 'aggressività', ci tengo a specificarlo.
lo dicevo come a raccontare una cosa bella, fortunata, che succedeva a me grazie a loro. qualcosa del genere.
sai che c'è, io vedo grandi intrecci, grandi intrallazzi clandestini o meno, ma è incredibile quanta gente si piaccia senza dirselo mai davvero.
certo, a giudicare dai risultati, forse farei bene a cambiare tattica anch'io.
però.
però invece mi sono successe belle cose ogni volta che ho detto alle persone quel che provavo, ora che ci penso. poi, vabbè, le cose vanno come vanno.
infatti, è quel che è, dice l'amore.
grazie ancora.
buon pomeriggio
(la poesia di Fried)
E' assurdo
dice la ragione
E' quel che è
dice l'amore
E' infelicità
dice il calcolo
Non è altro che dolore
dice la paura
E' vano
dice il giudizio
E' quel che è
dice l'amore
E' ridicolo
dice l'orgoglio
E' avventato
dice la prudenza
E' impossibile
dice l'esperienza
E' quel che è
dice l'amore
Io a Y
Sai che ti vedo bene con W. Y a me
Anche io mi vedo bene con W. ma lui non tuja (=non stringe/non ci prova). Perché lo dici? Ti ha detto qualcosa?
Io a Y
Mesi fa ho detto la stessa cosa a lui e lui ha detto che gli piaci ma non tuji neppure tu. Cioè che sembra che ti scocci ogni volta che lui si avvicina.
Y a me
Sì ma chi è l’uomo? E poi pure io ho le mie timidezze. Oh non gli dire niente…
Nella frase che vi ho citato ieri si parlava di questo confine immaginario. Direi di un discrimine. E' un confine che ho visitato spesso. Da cui sono stato visitato. Da una parte c'è la vanità, e la Szabò ce lo ha detto, non è la parte in cui vuole (vorrebbe) stare, farsi trovare. Dall'altra c'è il piacere dell'intimità. Ed è di quello che parla. Ma nel parlarne deve riconoscere che i due campi di questa immaginaria urbanizzazione sono spesso confusi, diversamente abitati, progettati. Molti assecondano (o si fanno assecondare da) la vanità dei ritorni (traduco feedback), la scambiano e la fanno scambiare per sentimento. Ma è altro. Anche se il gioco qualitativo rende il ritorno incidentalmente efficace, produttivo. Ma non dura o si muta in altro. Un altro totalmene diverso. Sono sofisticazioni (nel brutto senso della parola) che vengono prima o poi catturate dai sensori ed eliminate.
“Ho sempre considerato importante che un essere umano, quando ha raggiunto con me una certa intimità, mi comunichi la gioia di rivedermi. La perfetta indifferenza che invece Emerenc mostrò l’indomani mattina, dopo la notte irreale che aveva trascorso al mio fianco svelandomi parte della sua remota infanzia, non ferì quindi la mia vanità, bensì questo sentimento”.
Il libro che c’è sul mio comodino (anche se non ho un comodino), il libro che sta lassù sul soppalco (diciamo) è di Magda Szabó e si intitola La porta. Uno di quei libri che non sapresti scrivere e che non pensi neppure di saper leggere. E non perché non lo capisci. Tutt’altro. Magari sei lì che ti domandi se capisci davvero quello che dice davvero. In questo caso, una signora che ha portato il marito anziano all’ospedale passa una notte con la sua anziana donna di servizio. Ho letto questo brano e mi sono messo da una parte e dall’altra di questa linea di demarcazione. Una linea dietro e davanti alla quale credo di essere stato più di una volta. Ero io quello che diceva “non ti aspettare che io scriva”, quello che sottolineava “guarda che io non sono uno che telefona”. Sono io quello che rimaneva male se non sentiva quella necessaria intimità seguente un incontro, una frequentazione. Non sto parlando di amore. Sto parlando in senso generale dell’amicizia. Sto parlando di relazioni in senso generale. E neppure di me sto parlando. Perché di me ho informazioni troppo contraddittorie per potere concludere, riassumere. Sto parlando di un libro che racconta di una signora e della sua donna di servizio. Sto parlando di vanità e di intimità. Due cose che, se ci pensate, si assomigliano e invece sono profondamente diverse. Di questo sentimento, parliamo.
Avevo visto a Londra un paio di mesi fa e segnalo un film in uscita in Italia. Tourneè. L'ho visto e mi è piaciuto. Nasce sull'onda dell'interesse per il burlesque ma rende efficacemente il tono con l'effetto docu. Bravo il regista-attore Mathieu Almaric. Belle le atmosfere. Il film è un po' lungo. Un disargine che lo aiuta all'effetto del vuoto e lo comprime ma lo rende un po' noioso. E inefficace.
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