Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
1 Ho visto una fastidiosa, inappropriata pubblicità della - credo - federazione giornali o editori. In breve: donne più adulte (lettrici) hanno un vestito di caratteri tipografici parlano con una ragazza più giovane (non lettrice) in mutande che si copre il seno. Sugli slip semitrasparenti, proprio lì il suo dubbio "eh?". Mi interrogo un minuto sul significato della pubblicità. Vi invito a farlo anche voi. Un minuto e poi basta. Archiviate.
2 Finesettimana di film. Miral: bello anche se mostra ogni tanto la corda dell'emozionalità, emotività, emozionismo (boh provo anche ad inventare parole). Trovo invece imbarazzante (e con me la gente nel cinema Somewhere della Coppola), trovo al contrario pretenzioso e banale (e con me Roberto Escobar, con cui quasi mai in contrasto) il nuovo film della regista di Lost in traslation. L'idea è che il suo nuovo film faccia il verso a quello senza essere riuscita a ripeterne la grazia vuota, l'intensità straniante. Escobar sulla Domenica del Sole mette in risalto la "buona volontà della Coppola" ed è troppo buono. Parla di "luoghi comuni" ed è generoso. La verità, forse l'unica salvifica verità è che la regista intrisa per metà d'America e d'Europa compone un film sui mali (tutti americani e quando la replica l'Italia rischia con facilità la macchietta) dello star system. Nel farlo non può che scagliarsi contro dei luoghi comuni. Non so se è slavifico questo andar contro i muri senza armi adeguate.
3 Sabato ci siamo visti e abbiamo parlato del pensiero della differenza. Un tema che voglio investigare, di cui so poco e di cui forse ci occuperemo presto. Ecco (penso ora) i perché che poi si sono avvicendati nelle ore successive. Una di noi che ne sa molto ci spiega le categorie del pensiero maschile e femminile. Le contrapposizioni, il canone vincente, imperante. Parliamo di anoressia, di dodicenni che guadagnano con videochat i loro 5euro mostrandosi nude.
4 Siamo al mare e tutti e due guardiamo una coppia polacca. Sono giovani. La ragazza indossa un minimo tanga che sguazza (il resto del corpo è abbronzato) dentro il segno bianco di un costume più largo indossato per tutta l'estate. La mia amica fa una lunga dissertazione sull'inappropriatezza della sequenza. "Al limite il contrario". E fa una riflessione "tutta femminile" sul perché ("per una donna non può non esserci un perché") della sbagliata successione di costumi.
Molise, Francesca, Tango. Tre parole si sono variamente incrociate nella mia estate. Con una ricorrenza quasi sospettosa. Casuale o causale? Casuale, per lo più. Solo raramente causale. Quando ad esempio sono andato in Molise e ho risentito un'antichissima amica o ho accompagnato un'altra a una milonga (solo per poco). Poi tutto casuale ma con frequenza e combinazioni impensate. Esiste nell'arte combinatoria una spiegazione numerica di questa ripetizione? Voglio dire: una sequenza di probabilità che la giustifichi e la renda più probabile di altre successioni?
Lunedì scorso (ero a donare il sangue) ho letto la rubrica di Alberoni sul Corsera. La parola (Alberoni) so che evoca in molti immediata ripulsa ma io ho scelto per mestiere (e dovere di mestiere) di mettermi continuamente in dubbio sulle certezze acquisite e se voglio essere coerente mi devo esercitare spesso e anche con imprese e riprese difficili. Metti pure che il titolo proponeva la accattivante disamina fare l'amore/fare sesso... Non mi è piaciuto l'argomentare del sociologo specie nel suo precipizio per cui (fare sesso) non fa guardare in faccia (ops) nessuno e mentre uno sta lì ti potrebbero sostituire il partner bell'e buono lì sotto, in corso d'opera (non sono letterale ma quasi). Accampo miei personali dubbi e senza neppure offrirvi esempi plausibili e generosamente ovvi. Non è così e basta. Ma, a prescindere, non credo in una manichea distinzione degli atti e dei verbi. Credo in una specie di incongrua spartizione ma nell'inossidabile imperio estetico (e dopo o prima etico) del bene (in questo caso mi piace/non mi piace). Una imponderabile variabilità, d'accordo, ma retta sempre da quell'impulso (mediato dall'etica sì)
Ci ripenso oggi nel raccontarvi del nuovo (seminuovo, ce n'è un altro a Venezia) film di Ozon che è bello e fa dimenticare il non riuscito Ricky. Per chi non conoscesse Ozon...a voi! http://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Ozon Con Il rifugio Ozon torna ai vertici del suo cinema più poetico. Sotto la sabbia che lo ha fatto conoscere a noi e il poco visto ma bellissimo Il tempo che resta (i produttori - e gli editori? - italiani odiano la morte ma forse è che il pubblico italiano ha più dimestichezza ed è più attrezzato ad altro che alla riflessione sulla fine). Il film mi ha fatto pensare a quell'articolo di Alberoni e non per la immediata promiscuità a cui si può pensare quanto per quanto essa possa vestire panni molto delicati e sentiti. Vi rinvio al film per non tradirne la bellezza. Qui la canzone-tema cantata dai due bravissimi e bellissimi protagonisti.
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Mansfield. Leggo - guarda caso - un racconto molto interessante (Istantanee), non il più bello dei suoi ma interessante da citare qui. Ecco Moss (nome simile a quello della protagonista del film di Ozon): pochi soldi, arretrati d'affitto, crisi lavorativa (cinema, canto...). Va in un caffè in cui spera di avere occasioni di lavoro. Immagina, proietta. Incontrerà nel suo film mentale qualcuno che magari le proporrà un film reale, o una audizione da contralto. E invece ecco lì pronto un gallo - pomposo e sconveniente - che la seduce. E lei? Si fa sedurre. E' giorni che il mio tema è "la sperequazione tra realtà e immaginazione". Credo che avrebbe dovuto essere il tema di confronto anche nel pezzo di Alberoni. Ozon non sfugge a questo confronto "terzo" e questo è ciò che lo rende grande.
Ora vorrei essere in Finlandia, guardare la gente che si stringe nei giacconi. Un pallido raggio di sole, uno un po' meno pallido. Una pioggi improvvisa. Ritornare in albergo per sentire un po' di caldo. Guardare dalla finestra fare buio e poi riscendere. Sentire le parole che suono hanno visto che già scritte sembrano strane forse a voce l'effetto sarà più straniante ancora. Se sono in città pensare a una gita. Se sono in gita ripensare al ritorno in città. Leggere un'insegna e immaginare di aver capito. Poi guardare dentro e scoprire di no. Tante altre cose che da qui non capisco e tante che mi pare di capire guardando la cartina geografica visto che non ci sono mai stato.
Guardo il tuo carrello della spesa come se guardassi te. Gli occhi sono lo yogurth. Lo prendi in confezione grande ma prendi quello magro - io no, quello intero. Conto i rotoli della carta igienica - anche tu prendi la confezione da 4? anche tu non sei consumista? anche tu non hai spazio per conservarla? - come se osservassi le tue ginocchia. Le gambe sono i detersivi per la lavatrice - piace anche a te il profumo della felce? ma dài! I piedi sono il formaggio tagliato a fette - fontina valdostana, gorgonzola, puzzone di moena (mmm come andremmo d'accordo noi, penso, ma come poco con gli altri! eh sì!). Le mani sono le saponette - neanche tu le compri qui eh già, non c'è molta scelta, le compreremo altrove dài. Guardo il tuo carrello della spesa come se guardassi ogni piccola parte di te. A ognuna do il senso del particolare e del tutto. Tutto ha senso di te. Lo spazzolino, i cotton fioc (che bello sapere che anche tu non li usi), le fette biscottate, le marmellate. Tiro una riga e faccio il conto. A modo mio. Come il calcolo delle affinità. Che bella parola "affini". Affini siamo. Già affini. Nelle corsie di un supermercato, dentro la griglia di un carrello, come in un test delle tolleranze.
Di Carvelli (del 27/08/2010 @ 09:46:59, in diario, linkato 1147 volte)
Ancora una poesia di Pierluigi Cappello che ieri ha vinto il Campiello Poesia con l'ultima raccolta pubblicata da Crocetti e dal titolo Mandate a dire all'imperatore.
Piove
Piove, e se piovesse per sempre sarebbe questa tua carezza lunga che si ferma sul petto, le tempie; eccoci, luccicante sorella, nel cerchio del tempo buono, nell'ora indovinata stiamo noi, due sguardi versati in un corpo, uno stare senza dimora che ci fa intangibili, sottili come un sentiero di matita da me a te né dopo né dove, amore, nello scorrere quando mi dici guardami bene, guarda: l'albero è capovolto, la radice è nell'aria.
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