Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 08/11/2004 @ 18:09:42, in diario, linkato 1159 volte)
Le belle parole di Marco Lodoli ieri su la Repubblica (Roma) Perdersi a Roma un libro-guida come una magia. (…) Per fortuna c’è un altro libro che ci soddisfa in pieno, una guida vagabonda che tutti quanti dovrebbero seguire con fiducia: “Perdersi a Roma” (Edizioni Interculturali, €12) di Roberto Carvelli è il viaggio in città che più ci piace, quello che non si arrende al turismo da buoi, alle deportazioni in torpedone, allo stupore programmato. Carvelli, romano autentico, sa che la nostra città è un gioco di prestigio che ci lascia sempre a bocca aperta e che non svela mai il suo trucco. Bisogna perdere tempo, imboccare traverse, spiare nei cortili, lasciarsi prendere per mano dalla curiosità. Il libro è intervallato da molte interviste con scrittori romani che raccontano i loro privati smarrimenti dentro al labirinto, e da mille citazioni di viaggiatori illustri, Puskin, Goethe, Stendhal, Dickens, la Ortese, Cassola e tanti altri che hanno provato invano a decifrare questo mistero inesauribile. Carvelli scrive bene, è vivace, colto, appassionato, semplice: “Questa è una guida sbilenca – scrive – che non trova posto nell’ufficialità delle guide”. È vero, ma trova un posto d’onore sul nostro tavolo o nella tasca della nostra giacca.
In questi giorni ho visto e sono piombato in un terribile malumore. dapprincipio ero infastidito dalla continua risonanza del "maledettismo" che alle volte mi sembra il contro-cliches di un racconto che si pretende diverso, programmaticamente. Alla fine non saprei dire (non potrei dire) di aver visto un brutto film ma ero di malumore. Per il sangue. Per l'infelicità data per assunto. Una spiacevole serata di dolore visto. Un dolore su cui un regista ha messo ad esponente la potenza più alta possibile. Insomma: dolore dolore dolore. Eppure bravi gli attori e belle molte inquadrature. (Magari mi sarei risparmiato un po' di fanfara ciocarlia così per non kusturizzarci troppo!). Se un metro per dare stellette fosse la capacità di un film di rimanerci dentro e costringerci a ripensarlo dovremmo dire che LA SPOSA TURCA è un film che scava un solco ma a me quel solco ha rovinato la serata e la mattina dopo (sabato)
Il solito bel numero di Private. 28. In libreria.
Ancora non lo sapiiamo se è morto o è vivo. Morto o vivo: sembra l'anatema di chi non gli vuole bene! Ma sta male. Questo è sicuro. Non sappiamo neppure cosa succederà se morirà. Né è facile dire cosa ha rappresentato per noi. Voglio pensare molto semplicemente e lateralmente a lla sua kefia. La prima che abbiamo mai visto. Sciarpa dei nostri (mai avuta ma ne parlo collettivamente) anni di scuola e università. Le tante foto scattate con un'altra mano nella sua e tutte le cinque dita dei nostri leader di allora. Anche i non nostri. E' un'era. Un tempo. E finisce. Così, come finisce qualsiasi era e qualsiasi vita.
Di Carvelli (del 04/11/2004 @ 16:41:38, in diario, linkato 1022 volte)
Una intervista su:
ROBERTO CARVELLI: PERDERSI A ROMA
Perdersi a Roma è il titolo di un libro pubblicato dalla casa editrice romana Edizioni Interculturali. Il suo autore è Roberto Carvelli, scrittore in senso classico e romano in modo totale. Romastyle lo ha contattato per parlare del suo libro e ovviamente di Roma...
Dando un'occhiata al tuo, chiamiamolo così, curriculum scritturae si nota una attitudine alla diversificazione degli interessi. Come nasce l'idea di una guida "insolita e sentimentale" di Roma? E come si concilia con i tuoi lavori precedenti? Non so. Credo sia carattere. Forse ho bisogno di divertirmi nel fare le cose che faccio e trovo stimoli nella differenza. Essenzialmente mi muovo attorno ad un’idea. 'Bebo e altri ribelli. La rivoluzione spiegata alle commesse' (Nonluoghi) era un libro che poteva essere antico e moderno quindi sposava passioni, suggestioni classiche e contemporanee. L’idea civico-politica di una rivoluzione possibile dei luoghi, nei luoghi, portata avanti da persone semplici. Ed era un libro di formazione: il mio primo libro. 'Letti' (Voland) è un’ipotesi di autobiografia scritta attraverso un oggetto . 'La comunità porno' (Editore Coniglio) è un documentario di fatto sui set vietati ai 18, uno sguardo curioso ma sobrio su un mondo nascosto in cui ho avuto la fortuna di entrare come un iniziato in disparte e che nasce dall’amicizia con un editore, Francesco Coniglio. Mi piace lavorare con le persone che stimo. Uno scrittore è fatto da un editore. Anche. Con Edizioni Interculturali – la casa editrice della guida di Roma – è stato lo stesso: fiducia, stima, amicizia, a tratti affetto. È stato un progetto portato avanti a piccoli passi come se camminassimo insieme nella nostra città, ci muovessimo nelle pagine del libro. Tutto sembra raccontare questo viaggio editoriale, le pagine, le illustrazioni, la copertina. Tutto.
Nel tuo libro ti avvali dell'ausilio di numerosi uomini e donne di lettere che a Roma ci sono nati o hanno scelto di viverci. E' una scelta di "classe" quella di interpellare solo l'ambiente letterario? Di classe sì. Un piccolo orto chiuso dove speravo di trovare – e di fatto è successo – un ascolto e un’attenzione speciale e un modo per sagomare la città con le case dove vengono partorite opere che amiamo. Le interviste hanno tenore diverso, questo è bello secondo me. In alcune si sente ancora il nastro del registratore che scorre in altre la cura delle risposte scritte. Questa difformità l’ho cercata e voluta.
Tra le cose che più mi hanno colpito di 'Perdersi a Roma' c'è sicuramente il tuo modo di descrivere gli aspetti di Roma in maniera tangenziale (non quella est). Un non voler metter nero su bianco, un voler cercare suggestioni e non punti fermi. Secondo te quanto conta lo stile quando si racconta? Mi piace quello che dici soprattutto nella prima parte. C’è un sentimento (sentimentale è appunto la guida) con cui ci si confronta con le cose. Se uno è onesto nel trasferire al lettore questo sentimento, qualunque esso sia lo stile è giusto. Ecco lo stile è la voce “giusta” di un libro, quella che rende unica l’opera e conferma le premesse della scrittura. Da questo punto di vista lo stile è la verifica, diversamente si cade nel esercizio, nello sfoggio di erudizione. Lo sguardo vagante, l’approccio tangenziale mi stanno bene. Non cercavo l’assolutezza ed è detto ovunque. Lo sguardo è il mio. La guida è personale.
I diversi capitoli del tuo libro sono preceduti da una ridda di citazioni di scrittori e scrittrici molto diversi tra loro che hanno raccontato Roma a volte in maniera accennata ed altre in modo quasi monotematico. permettimi un po’ di perfidia, ma davvero ti sei letto tutti ‘sti libri? Un po’ ho cercato, un po’ ho riletto le cose che amo, gli scrittori cercando, curioso, di sapere se erano stati a Roma e come l’avevano vissuta, percepita, detta. Mi sono fatto guidare anche da antologie, amicizie, sensibilità altrui.
Più seriamente mi viene da chiederti chi tra gli autori che dicevamo ha raccontato meglio Roma, fosse anche con una frase sola? Credo che ognuna di quelle frasi specie quelle del primo capitolo a definizioni della città sono una sorpresa di stati d’animo e differenze che credo vadano lette in una successione antologica con tutto lo spiazzamento che comporta. Ho un cuore speciale per le parole di Brodskij.
Rimanendo in zona letteratura credi anche tu che, come dice Christian Raimo nell'intervista che gli hai fatto, al giorno d'oggi per raccontare Roma bisogna depasolinizzarsi? Per raccontare qualsiasi cosa bisogna essere liberi. Liberi dalla maniera. E questo vale per tutti i libri e tutti gli scrittori. Non mi piace la maniera. Credo che l’atto di liberazione degli scrittori debba essere totale. È indubbio che Pasolini abbia esercitato un fascino ma il punto non è storico letterario. Il punto deve riguardare l’atto della scrittura. È imbarazzante al contempo scoprire per esempio nella contemporaneità dei modi comuni determinati da letture partecipate (a volte percepite come imposte o assunte come settarie) o da editor consonanti che danno ai libri lo stesso tono, editori che si associano e critici che assecondano. È successo e succederà ma i nostri critici letterari non fanno letteratura con i modi ma con i libri e alle volte con gli autori.
Mi sembra che tu propenda per una visione di una Roma composta da più Rome. Pensi che ci sia un denominatore comune che travalica la divisione in quartieri e in ambienti? L’idea era spezzarla, segmentarla nei quartieri, negli sguardi degli scrittori e nei miei passaggi personali. Insomma l’idea era come ha detto Alessandro Piperno, uno scrittore e critico, durante la presentazione, farla esplodere, distruggerla e poi rimontare i pezzi diversamente. Insomma un delirio urbanistico e di senso. Ma anche un tentativo di conoscenza essenziale.
Per finire un'ultima domanda a bruciapelo. Qual è il bello e qual è il brutto di Roma? La sua capacità di mantenere il tempo, un’accoglienza non invasiva, il Tevere tanto bistrattato che le dà una direzione. Brutta l’incapacità di percepirsi alle volte in uno scambio paritario con il resto del mondo e la perdita progressiva di una cifra personale scambiata per una ossessione di centralità che non le fa bene e non le necessita.
Valerio Musillo
www.romastyle.info
L'America comunque riconquista la sua pace e il suo disarmo (politico) ma paventa un disarmo bellico. Non per orgoglio non per fede non per moralità. Il pensiero è unico. E l'unico pensiero è dominare. La prima potenza al mondo (economica, bellica, anche culturale attualmente) cerca il primato ed è disposta a deporre i confronti politici e forse persino le armi se non si rivelassero provvide.
Forse non succede nulla ugualmente. Tutti e due tramano ritiri pur sbandierando tutti e due repressioni. Gli americani si dividono e votano: non per il ritiro, non per la pace. Per B o K che magari sanno di non poter condurre ancora un gioco così pericoloso, dannoso, antieconomico.
Ho visto
e mi è piaciuto. Meglio: sapete quei film che ti senti costretto a ripensarci? Mi è venuto da pensare ad un corrispettivo fiction del film-tesi di Von Trier. Vorrei scriverne di più e lo farò.
Credo che quello che rimane di un film così non sia la sola atmosfera ma certi significati, certi sottintesi. Non condivido i patemi sulla fine di M. Night Shyamalan in maniera. Direi in invidia la fine dei critici che non si spiegano 4 bei film di genere (di generi) e di altro livello. C'è da dire che questo è un film che arriva piano o forse tardi. O dopo. Ma bisogna aspettare prima di sparare.
Ieri ho visto due bei film
e ho pensato che oggi era una giornata ideale per pensare a quei morti non morti e alla sofferenza di chi li ha persi. Perdere. Non trovare più. Smarrire. Cosae peggiori di morire e di non avere un posto per piangere, un luogo e neppure un tempo. Nella mente il tempo della non-morte si incolla a quello della vita e si crea un cortocircuito di dolore senza fine (l'inizio c'è).
pregato di aggiungere aggiungo. Ovvero Carvelli.it versione Bellitalia.
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