Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 13/12/2007 @ 14:31:15, in diario, linkato 1286 volte)
1 Il tipo "mia moglie non mi capisce" 2 Quello che la piscina me la sono ricavata a fatica 3 Genere "nella vita ho sempre perso e ora mi sono stufato" 4 Sottogenere "mi sono stufato e ora vi faccio vedere quello che combino" 5 Chi deve rimediare agli sfraceli del precedente 6 Quelli che ce l'hanno con il tipo 4 7 Noi e voi che di tutto questo proprio non ce ne frega niente. Ho aggiunto "proprio" come rafforzativo.
Di Carvelli (del 12/12/2007 @ 14:28:11, in diario, linkato 8404 volte)
Tutto sembra complicato e semplice come in questa poesia di Alberto Calligaris (La sega è un attimo) che trovate in questo libro: Poesie d'amore per donne ubriache (Coniglio). Tutto sembra destinato a cambiare e non sempre, sembra, in meglio. Un inno ai percorsi brevi e infruttuosi ma alla fine è l'ambizione il tema e la soluzione che la precede. In breve. Come nelle caselle di un cruciverba.
A trentun'anni avrei già dovuto conquistare la Persia avessi avuto un maestro come Aristotele adesso non pulirei ruote di seggiolini per vivere il trucco è tutto lì qualcuno che ti dica che se vuoi puoi conquistare la Persia invece con i 6 presi riesci a pagare il mutuo andare al mare in vacanza e portare a spasso il cane che è abbastanza ma qualcun altro conquisterà la Persia e tu lo leggerai sul giornale e poi metterai il giornale in una borsa e aspetterai che sia piena per portarla alla raccolta differenziata e sembrerà tutto normale - invece è la tua vita che continua con le minestre solubili il dentista e l'affitto e ogni notte prima di addormentarti senti come se avessi dimenticato di fare qualcosa e ti alzi a controllare il gas e per un istante ti viene in mente che forse avresti dovuto conquistare la Persia ma ti vengono in mente tutte le cassiere del supermercato che scopano tra di loro e per la Persia ti ci vogliono ragionevolmente almeno una decina d'anni la sega è un attimo.
Di Carvelli (del 12/12/2007 @ 12:03:06, in diario, linkato 1412 volte)
E' ovvio che non si può dire "pluralizzare". Eppure...se si potesse...questa mattina lo direi. In riferimento a quelle parole che sento planare da una parete finta. Quei mari, quei tramonti, quelle spiagge, quei... Persino "le puglie" (antico retaggio di cartine d'antan) si moltiplicano. E continua: quei vestiti, quelle lane... Ogni cosa si pluralizza sotto la specola del ricordo. Oggi Ottanta o Novanta e tutto le appare migliore nel ricordo. E allora pluralizza per eccesso. E scopro pure che esiste la parola "pluralizzare". Dunque non ci sarà nulla di male a moltiplicare il numero. Lo prevede persino il dizionario.
Di Carvelli (del 11/12/2007 @ 18:14:12, in diario, linkato 1376 volte)
"Lettore mio, che non hai nulla di meglio da fare, senza che io te lo giuri puoi credermi che questo libro, come figlio dell'intelletto, avrei voluto che fosse il più bello, il più robusto e il più intelligente che si potesse immaginare. Ma non mi è stato possibile contravvenire all'ordine della natura, nella quale ogni cosa genera il suo simile."
Dunque...Cervantes
Uno di cui mi dice che è stato male, che era quaranta chili meno (quaranta, sottolinea facendo ta-ra-ta-ta), che adesso sta meglio ma che se l'è vista brutta. Uno che lo prendevano in giro, che gli dicevano non vali niente, che voleva fare l'attore ma la timidessa se lo mangiava. Uno che ci parla come in un acquario che in effetti il vagone della metro ci somiglia a un acquario. Uno così scende a Termini. Noi no.
Fanno come le persone i libri. Capisci che magari ti rimarranno vicini negli anni, per anni. Ti separerai da loro come da una persona ma ti ricorderai di quella copertina, del luogo in cui l'hai comprato, di tutte le occasioni che lo hanno anticipato, preceduto. Ti sembrerà un grande fiocco che hai srotolato nel tempo. Con gesti piccoli: timidi, accorti o imbarazzati. Penso a tutto questo mentre ho nelle mani il libro di Annalisa Manstretta "La dolce manodopera" (Moretti&Vitali). Mi chiedo se ricorderò tutti gli anticipi di questo gesto. Se dalla mia vita sparirà questa voce e - se nulla sparisce - in quale zona si anniderà. Penso ai sogni che faccio e che sono tanti e che sono lì e che me li ricordo sempre di più. A questi giorni. E all'altra mattina che ho finito di portare al pascolo le mucche facendo scender loro un pendìo ripidissimo, un fiume che guadavano e io che dall'alto della montagna facevo un gesto solo ed era tutto lì. In quell'intenzione, il mio essere capomandria. E dopo mi sono svegliato e non ero stanco. (Fin qui io. Da qui la Manstretta).
La gente contadina ama le cose familiari fa piani a lungo termine non segue i sentieri polverosi dei nomadi pensa per generazioni. Tu sei stato lontano in un'altra lingua per anni e voli via con l'aeroplano mentre sto seduta a leggere in cucina. Sorridi, però, e negli occhi si vedono rimesse accoglienti per attrezzi e bestiame.
La recensione del libro di Yasmina Reza (L'alba la sera o la notte - Bompiani) su Sarkozy uscita il 5/12/2007 su l'Adige.
Sarkozy dietro le quinte di ROBERTO CARVELLI Quali che siano la nostra percezione e la nostra convinzione le ultime elezioni politiche francesi hanno dato l'idea di un paese in rinnovamento. Era vero o lo sarà? È presto per parlare ma, di certo, il tema dello scontro non è apparso quello tra due vecchiezze che si somigliano ma tra due visioni dell'operare politico. Alla maggior parte dei commentatori italiani bipartisan è sembrato già qualcosa. E curiosità la richiedeva il tenore dei personaggi: a loro modo due supereroi della vita famigliare - così si presentavano salvo scoprirsi appena all'indomani del voto entrambi in irrimediabile crisi coniugale. Siamo entrati così nel vivo della recensione del libro di Yasmina Reza, notissima e rappresentatissima (non solo Oltralpe) drammaturga francese (di origini iraniane) da noi conosciuta soprattutto per la narrativa. In «L'alba la sera o la notte» (Bompiani, 15 euro), vòlto in francese dal traduttore, editor, scrittore Sergio Claudio Perroni, la scrittrice racconta il dietro le quinte del personaggio-persona Nicolas Sarkozy. E di confidenze ce ne sono state diverse se la Reza ha potuto pedinare lo statista nei giorni prima delle elezioni cogliendo vizi e debolezze ma pure pregi. Se il libro dovesse essere qualcosa di commestibile l'idea sarebbe uno di quei formaggi molto fermentati che fanno i buchi dove «buchi» non sta a dire mancanze. Tutt'altro.
La Reza lascia spesso il lettore su una riflessione. La fa quasi precipitare nel racconto con significatività. Una frase, pausa, si passa a un'altra giornata del tour de France del pretendente all'Eliseo. Questo approccio ulteriore rende il libro non un noioso diario di viaggio né un instant book pre-elettorale ma un libro in sé. Non ci è dato sapere se c'è un calcolo o una "marchetta" dietro a cotanta risonanza ma se ci fosse stato dolo la Reza ne uscirebbe innocente o con molte attenuanti. Questo non è un libro che scade, fogli in attesa del macero o del cassonetto ma un romanzo che entra a buon titolo nella produzione di uno scrittore arricchendola. Il tema politico è spesso declinato in Francia con una naturalezza né imbarazzata né sottomessa e mi viene da pensare a due recenti film - francesi almeno per ambientazione e produzione - quelli di Guediguian dedicato alla fine di Mitterand, «Le passeggiate al Campo di Marte», e quello surreale e iconoclasta del georgiano Iosseliani, «Giardini in autunno». Dopo averli visti mi sono domandato chi in Italia avrebbe potuto osare tanto e con tanta classe (anche deviando dal proprio percorso filmico). Altrimenti me lo sono ripetuto pensando all'eventuale giornalista o scrittore al seguito di nostri sfidanti dell'agone scorso. Ma con ulteriori perplessità. Il Sarkozy pensiero è rappresentato a volte sul filo della cronaca a volte nella contraddittorietà dell'analisi. Come appare l'uomo politico? Un decisionista, un coraggioso, un egoista allenatissimo, un calcolatore ma pure un leale. Spesso uno che «non smette mai di agitare la vita» forse nel terrore dell'horror vacui. A volte si coglie lo spirito del bambino, altre la freddezza dell'uomo. Il mito di sé: «So essere solitario nelle decisioni». Il calcolo: «Sarei tentato di aprire un pochettino sull'eutanasia». Ma il tema più sollecitato rimane il coraggio. Ancora Sarko, napoleonicamente (i vignettisti francesi devono aver avuto un «destro» facile): «La mia non è una battaglia politica, la mia è una battaglia ideologica». La Reza non sta in disparte. Chiosa («Essere il favorito, che disincanto per un amante delle avversità»), critica e cita «L'attaccamento non è altro che insufficienza di senso della realtà» (dalla Weil). Poi chiude benissimo con metafora, rivelando la sanità, in questo caso almeno, della laicità e del distacco.
E altre altre cose...Di cui si è parlato. Celan e l'uso del trattino che interrompe il discorso (anche in Caos calmo), dei tonnarelli alle melanzane con ricotta salata. Cose di cui avrei voluto che si parlasse: dei babbonatale animati che sembrano afflitti da un'emiparesi temporanea e spaventano i bambini, della durata di uno spazzolino da denti. Cose di cui si sarebbe potuto parlare: delle parole "soluzione salina" e tutte le altre con -lina: alcalina, aspirina, piccolina, salitina, maghrebina. Una serata è sempre troppo breve. L'amicizia dovrebbe essere fatta di silenzi e anni. Paravidino (è un autore di teatro): una parola che in questi giorni mi risuona nella mente continuamente. E certo dipende dalla visione di Peanuts (da vedere!). Ma è la parola che funziona. Dannatamente. Paravidino. Provo ad immaginare un significato, così, per provare ad aggiungerla al vocabolario. Sarebbe un aggettivo? Non so dire.
C'è un film delizioso. Se nelle vostre città lo proiettano non perdete tempo e andate. Se lo fanno in una città vicina rompete il porcellino e raggiungete il fortunato cinema. Il film si intitola Meduse e ne potremmo parlare un bel po'. Potremmo esercitarci a vedere le cose come quando bambini si annotava su un taccuino il passaggio di animali e altri eventi naturali. Qui ci sono dei personaggi: alcuni forse non sono persone ma personaggi; altri sono funzioni. Vedere Meduse mi ha fatto un po' questo effetto: l'effetto di una caccia ai particolari, scie che illuminino passaggi infinitesimal, movimenti e piccoli scarti del muscolo del cuore. E' raro vedere bellezza filmica e narrativa tardo-adolescenziale. Le pellicole, in genere, prediligono la fascia dei consumi (la tv ci si inebria addirittura), i trentenni o i bambini. Ma anche quella dei tradoadolescenti potrebbe esserlo anche se in maniera critica e perciò...avrei molto da dire su questo sogno ad occhi aperti che si chiama Meduse ma mi fermo un attimo.
Altre cose...(oltre al film di Keret e Geffen). Sto leggendo Caos Calmo (Veronesi), Non c'è più tempo (Carraro). Ho letto con piacere L'amorosa inchiesta (di La Capria) e Cuore di Mamma (Rosa Matteucci). Ho aspettato un po' per farlo per contiguità di scrittura. Ho aspettato di mettere la parola FINE o QUASI FINE. Ogni tanto la distanza serve. Per rigore, per decoro non è male fare un passo indietro. Per onore bisognerebbe marciare. Interessante la voce polimorfa della Matteucci, fuori registro in senso buono e di notevole capacità trasfigurativa. Bellissima la lettera, prima, alla prima fidanzatina nel libro di La Capria. Mi prendo pausa. Mi affascino con Heimat (ho finito di vedere il primo ciclo e mai avrei pensato tale e tanta semplice bellezza in un film a puntate. Un film pieno di rigore, poesia e anche qualche svarione - in senso solo di campio di registro improvviso - sarcastico che ne aumenta il coefficiente di verità (poesia di poesia troppo sarebbe)...basta che è una parentesi già questa!). Ho letto le Epistole di Orazio. Avoledo (Tre sono le cose misteriose). Molte altre pagine e molti altri film. Ho rivisto Betty Blue di Beineix e mi sono un po' intristito: dove c'era abbandono e senso ora c'è privazione e catastrofe (ricordiamo selettivamente). Altre cose, anche. Altri libri e altri film (mi rendo conto che non faccio mai in tempo a tenere nel blog il diario delle letture e delle visioni).
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