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 Il letto di Akureyri... di Carvelli
 
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Scopo ultimo dell'azione spirituale è non può non essere una realtà materiale, qualcosa di palpabile e apprezzabile da tutti, un oggetto insomma nella sua accezione più modesta e concreta, o un ordine forzato di fenomeni.

Tommaso Landolfi
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 14/08/2007 @ 21:48:40, in diario, linkato 828 volte)
E' il problema coi Rom. Non dei Rom. Basta che vedi le statistiche: siamo 14esimi per numeri di presenze e siamo dietro nazioni prestigiose e progredite quanto e più di noi. E allora? Perché nessuno parla di cartina al tornsole? Di Rom come esemplificazione di disagi più vari? Le domande: funziona la giustizia? Funziona il carcere? Funziona l'amministrazione? E le tasse: colpiscono con equità? Ecco il problema dei Rom serve come altri a vedere il problema dell'Italia con l'Italia, degli italiani con gli italiani. Ma questo nessuno ce lo può o deve dire. Dobbiamo pensare che c'è l'emergenza roma, come l'emergenza accoltellatori di fidanzate o tossici e ubriachi alla guida. Ecco fatto: ci sentiamo più sereni.
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Di Carvelli (del 13/08/2007 @ 15:11:25, in diario, linkato 812 volte)
Spendo due - una o due - parole per consigliare un film che mi è piaciuto molto. Mi avevano consigliato Acqua salata: l'ho visto e mi è piaciuto (andavano tagliati gli ultimi due o tre minuti secondo me). Mi ha sorpreso UNO SU DUE di Cappuccio. Un film bellissimo, con dei suo personalismi che lo rendono unico. Uno dei pregi è questa via personale, i ritmi tutti suoi, lenti a scelta sua, disarginati. Il fatto che sia un film su malattia e ospedali (non è un anno buono questo per me) non mi accascia ma al contrario mi galvanizza con poco, m conforta anche nel dolore. Lo consiglio vivamente per quanto è raro uscirsene così contenti da un film italiano.
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Di Carvelli (del 12/08/2007 @ 15:18:41, in diario, linkato 801 volte)
Fa male leggere un'intervista di Vittorio Messori per esempio. Su LA STAMPA di ieri (la cerco per lincarla ma non la trovo). Fa male non leggere repliche. Perché se è vero come cantava ieri il TG1 che imperversano le bufale agostane è vero che pure fa un gran caldo e la testa ne risente. All'ombra persino delle case e dei pensieri. Fa male non leggere smentite, né ritrattazioni, né polemiche. Forse perché è agosto e "cose serie non vi conosco" ma quando si legge tanto male per tanto male verrebbe proprio voglia di avere i numeri di telefono e chiamare. Che hai scritto? Ma davvero la pensi così? Sei stato frainteso - tiprego dimmi di sì? E allora? Meglio una sana bufala. Meglio che vola un UFO che una cazzata. Perché gli UFO finora non hanno fatto male a nessuno. Le cazzate sì. Purtroppo. Scusate se ho usato la parola "UFO" ma quando ci vuò ci vuò.
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Fa bene, sì che fa bene. Leggo Repubblica anche per seguire le avventure di Paolo Rumiz che se anche non funzionano come negli anni precedenti (troppo imprigionate in un plot ingessato che già dopo qualche puntata tradisce "stanca") sono sempre una gran scuola di scrittura guitta e di sorprese. Ma fa bene leggere il gionale e sulla scorta di un articolo di Piero Citati andarsi a leggere quel supremo e bellissimo racconto di Truman Capote dal titolo Un ricordo di Natale. La storia di un'amicizia scostata di anni - mai letto un racconto così bello sul tema dell'amicizia con differenza d'età (mi vien alla mente spesso Murakami che predilige questi salti) - una storia scoppiettante e folle di tenerezza. Qualcosa che poi alla fine ti esplode contro come un'onda calda dopo troppe stagioni di freddo interiore ed esteriore. In definitiva una specie di balsamo e la prova che il mondo visto dai bambini è più mondo del mondo visto dagli adulti. Se gli adulti lo vedono il mondo, tante volte pare pure di no. Insomma tornare bambini si deve e Truman Capote è stato il complice migliore che si potesse trovare in una giornata cosìe  per lui Citati. C'è sempre tanto da fare coi libri. Nei libri, meglio. Tanto, davvero. Bisogna ricordarsene ogni tanto noi che coi libri ci facciamo troppo. Un troppo che spesso non serve. Uso improprio di libri: esisterà un crimine siffatto?
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Ora
Di Carvelli (del 07/08/2007 @ 16:28:00, in diario, linkato 767 volte)
Ora che Roma ha più bisogno di compagnia sono qui a preservare questa pace, a sovvertire i tempi di percorrenza, a contare quello che non si potrebbe (per fretta, foga e clacson). Sono per essere. Nessun caso (sì forse uno sì ma a ricordare che il caso non esiste o non è di solo caso la sua composizione). Sto qui per bene. Con tutte le scarpe e le ruote della moto. Un piccolo istinto di protezione, il senso di responsabilità di non lasciare sola la città come se fosse un cane o un gatto. Agosto.
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Di Carvelli (del 04/08/2007 @ 14:55:33, in diario, linkato 787 volte)
Se c'è una sciagura (nel mondo) scrivono e parlano di "disastro" ma se c'è un italiano, anche lo straccio di un cognome che suona italiano, si iniziano a rincorrere furiose le notizie. Salvo poi scoprire che non viveva in Italia da anni e che in pratica era naturalizzato qualche altro paese. Se c'è un disastro non è mai veramente disastro se non ci sono italiani, un paese in cui inviare un inviato a chiedere quanto erano bravi, che spirito patriottico!, che senso civico!, che dedizione agli altri! e che fede! Se muore oh mioddio dei giornalisti fa che sia italiano e che sia una brava persona. Non un delinquente, non un buonannulla, uno scansafatiche, un ubriacone, o una donnaccia. Ti prego dio dei giornalisti. Ah scusa, se è possibile me lo fai nascere in un paese del sud, uno di quelli tuttapovertà e la dura legge della sopravvivenza? E poi me lo iscrivi ad un'associazione ambientalista? Un'ultima cosa puoi fargli un papà spigliato e che piange e una mamma che grida? Basta così. Grazie.
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Di Carvelli (del 03/08/2007 @ 09:40:40, in diario, linkato 775 volte)
Esco e tu sei lì. Mi dai le spalle. Mi senti ma non ti giri. Ti cammino dietro, faccio rumore e non ti muovi. Esco e tu sei lì. Nella tua massa di pelo grigio, nel tuo passo incerto che poi saprò essere il passo della fine. E così la tua fine è questa. Come la fine di tanti. Sulla soglia di una guerra che hai combattuto da solo. Un soldato semplice della guerra alle tagliole, alle trappole, alle colle, ai veleni. Ci separiamo così - tu che scendi a fatica sotto il marciapiede e io che chiudo il cancello e me ne vado - e chissà se avrà avuto un senso essersi conosciuti, guardati negli occhi. Questa mattina (la mattina della tua fine) e poi mai più.
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Di Carvelli (del 02/08/2007 @ 14:10:20, in diario, linkato 835 volte)
Devo avvicinarmi? Sì ma non troppo ...Perché? Perché da vicino gli oggetti risultano meno visibili. Ma sono più visibili i particolari. Sì ma è l'insieme che conta. Quindi per te i particolari non contano. Non l'ho detto....Ho capito che non ti va di parlare
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Di Carvelli (del 02/08/2007 @ 09:30:48, in diario, linkato 886 volte)
"Non cado e se cado mi rialzo". Devi pensare così. Ma come faccio a dirtelo? Come ti fai convincere? Spiegami. Dammi una strada. Prova solo a dirlo. Non è che ti voglio far fare la figura dello scemo - solo davanti allo specchio a dirti delle cose incoraggianti. Non lo fare, allora. Dittelo a mente. Cerca di pensarlo. Forse non servirà neanche questo ma che hai da perdere?
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Di Carvelli (del 01/08/2007 @ 09:31:53, in diario, linkato 851 volte)
Sportivo era la frase con cui Capannelle (al secolo Carlo Pisacane, l'attore) definiva il suo abbigliamento: pantaloni alla zuava e (mi sembra) camicia a scacchi. Altri tempi. Oggi (oggi che scrivoe  in generale) può accadere di incontrare persone di una certa età (dai settanta in sù) che deposte giacche e cravatte di prammatica (in tutte le classi sociali una volta) preferiscono indossare magliette di squadre di calcio. Mi fa ancora un po' di effetto. E l'effetto è un misto di palio dei buffi e rimediatezza (si dirà?!). Mai penso "sportivo" con quell'accento emiliano che a Capannelle inventò addosso Monicelli.
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