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 Letto L3... di Carvelli
 
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Affamato e inferocito, sapevo che nulla al mondo mi avrebbe costrtto al suicidio. Proprio in quel periodo avevo cominciato a capire l'essenza del grande istinto di conservazione, la qualità dui cui l'uomo è in sommo grado dotato. Vedevo i nostri cavalli sfiancarsi e morire - non posso esprimermi in altro modo, utilizzare altre parole. I cavalli non si distinguevano in nulla dagli uomini. Morivano a causa del Nord, del lavoro troppo gravoso, del cibo cattivo, delle botte - e anche se subivano tutto ciò in misura mille volte inferiore agli esseri umani, i cavalli morivano prima. E capii la cosa più importante: che l'uomo è diventato uomo non perché è una creatura di Dio, né perché nelle mani ha quella cosa straordinaria che è il pollice. Ma perché è FISICAMENTE più forte, più resistente di tutti gli altri animali, e poi perché in seguito ha saputo costringere il proprio spirito a servire con successo il corpo.

Varlam Salamov
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 13/02/2007 @ 08:49:53, in diario, linkato 838 volte)
Con bella scrittura, piuttosto in alto, a destra, ha scritto i loro due nomi "A Irene e Gigi," e poi sotto la sua firma. Due iniziali non troppo maiuscole come chi sa la proporzione delle cose. Pur non essendo un grafologo mi viene da tentare un'analisi e mi rammarico delle mie volute enormi iniziali e poi i caratteri sproporzionatamente piccoli come di un'espansione di io che subito intimidisce, come un fuoco di paglia. Ho incontrato questo libro all'usato. E' un libro di cui sapevo. Sapevo che mi sarebbe piaciuto o così ho pensato dopo aver letto un'anticipazione su un quotidiano ma poi pochi soldi e nulla. Ora è mio. Alla metà. Metà dei soldi e metà del possesso perché in testa al librino smilzo rimane una traccia di possesso. Irene e Gigi. Chi saranno? Perché avranno venduto questo libro? Ci sarà un atto d'amore e un successivo atto di disamore dietro a dedica e vendita? O forse nulla, un mero calcolo, un affare. E sarò il secondo il terzo o più ad aver letto queste pagine (il libro mostra tracce di piegatura)? Mi piacciono i libri usati. C'è sempre qualcosa che ne arricchisce la lettura come il casuale abbandono di una foto bellissima e giovane di Valeria Golino completamente nuda (chissà perché lasciata lì in mezzo), una foto di una foto (poco ufficiale come quelle dei divi anni Ottanta che i ragazzi compravano nei negozi di fan). Come immaginavo il libro mi piace e si candida a diventare una di quelle letture fortunate, casuali e durevoli. Precedute da una sola sensazione positiva che poi la lettura conferma (I primi racconti di Marco Drago e quelli di Silvia Magi, Cirlè di Vito Bruno, due su tre sono libri Feltrinelli). Il libro della Lisa Ginzburg Colpi d'ala (è anche questo un Feltrinelli, uno di quelli garantiti al limone come era una volta, talvolta succede ancora ed è felicità, talvolta) si apre con un esergo da Rilke. Che è bello ed è questo: "Perché, se c'è una colpa, è questa: non accrescere/ la libertà della persona amata offrendole/ tutta la libertà che in noi matura". Ed è una massima da passeggio, da asporto. Nel libro ci sono almeno due racconti perfetti: Cucciolo Argo e Occhi gialli. Due racconti che hanno una grande grazia e una loro perfezione. Ma la grazia è ovunque...forse ho incontrato una sola parola che avrei cambiato ma è un'acqua in cui mi sono tuffato spesso quella di questo libro proprio come ci si immerge in una vasca calda d'inverno (lì è stato letto il primo racconto) o al lago d'estate (lì si immergono i protagonisti del primo racconto). Vorrei dire molto di più. Vorrei. Invece dico solo che un libro a volte a questo serve: a far maturare in noi più libertà nella speranza di poterla far fluire verso gli altri con quello stesso flusso che ci ha rinfrancato. Un colpo d'ala.
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Di Carvelli (del 12/02/2007 @ 10:23:53, in diario, linkato 931 volte)

Tu non mi ami come io ti amo
Tu mi ami se io ti amo
Mi riami e non è sano
Non mi ami tu da solo
Tu mi ami in controsterzo
C'è bisogno del mio sforzo
Ed è per questo che ti sferzo

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Di Carvelli (del 09/02/2007 @ 09:26:03, in diario, linkato 832 volte)
Lì c'era una famiglia e c'era l'oggi. Qui la guerra. Lì opulenza qui povertà. Lì problemi familiari qui sopravvivenza. Qui un parlare aulico, altisonante a volte ridondante, lì una scrittura più pulita, di scuola. Qui c'è un procedere per campi lunghi e quadri, lì c'era quasi una trattazione per personaggio. Qui un'orditura corale e visiva, lì un'introspezione nelle dinamiche familiari. Lì aerei qui auto a malapena. Spesso tra un libro e un altro si scava un fossato di tempo, una voragine che è difficile riempire o attraversare. Ci vorrebbero dei ponti. Ci vorrebbero liane. E invece c'è un grande vuoto e la vertigine di chi si sporge. Un tempo si diceva "propedeutico" ma quello era per un sapere a matrioske. Esisterà una parola per questi salti nel tempo? E un correttivo per le vertigini?
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Di Carvelli (del 08/02/2007 @ 10:08:02, in diario, linkato 883 volte)
Non è segreto. Non è nascosto. E' meglio farlo senza dirlo. Non è segreto e se è nascosto prima o poi si vede. Mettiti di lato. Appena fuori dalla mia inquadratura. Io faccio clic mentre tu sei nel rettangolo del mio sguardo. La foto viene bene ma tu non ci sei. Eppure se la rivedo so che eri lì e da ora in poi finirò con ricordarla come la foto tua. Questo è il miracolo di cui si diceva. Esserci senza esserci. Come se fosse notte e tu mi venissi a trovare nel sogno. Chi altri lo saprebbe?
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Di Carvelli (del 07/02/2007 @ 10:26:30, in diario, linkato 867 volte)
Una voce che ti chiama dall'altoparlante. Sei tu. Non la tua voce, il tuo nome. Ti appressi al luogo del richiamo (del microfono) ma lentamente. Nella tua mente fai passi veloci, ma tutto è tremendamente lento, quasi più vicino alla stasi che al moto. E arrivi molto tempo dopo con l'impressione dell'eternità.
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Di Carvelli (del 06/02/2007 @ 10:09:01, in diario, linkato 851 volte)
Piccoli passetti sul tetto. Un topino? Finisco le ultime bellissime pagine di Franzen (Le correzioni). A letto. Intorno c'è silenzio. Spengo la luce e guardo dalla finestra sul tetto se compare il muso del topino (il gatto è più silenzioso e i cani non salgono sul tetto). Ripenso alla resa dei conti finale del libro. E intanto (ho letto solo una pagina) penso se questo nuovo libro  di Irène Némirovsky (Suite francese) mi piacerà. E ripenso a chi me lo ha regalato e me lo ha decantato e me ne ha parlato estasiata (come "uno dei libri più belli che ho letto l'anno scorso"). E penso a cosa si debba fare di fronte ad un libro regalato da un/a caro/a amico/a o di più. Ti piace? Bene, si rafforza il legame. Non ti piace? Pace. Lo interrompi, lo lasci come faresti con qualsiasi libro. Ma è giusto? E' giusto fare così? Un/a amico/a va ascoltato sempre e comunque. Un/a amico/a ti parla attraverso un libro e quindi come lo ascolteresti se ti parlasse di come sta e cosa fa lo dovresti ascoltare quando parla attraverso un libro. O no? Sono domande. Poi credo di essermi addormentato. Credo senza risposte. Oggi ho continuato a leggere e ho ripensato alle domande di stasera. Neanche oggi ho risposte.
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Di Carvelli (del 05/02/2007 @ 09:37:09, in diario, linkato 860 volte)
Quasi alla fine de Le correzioni di Franzen. Mi ha sempre colpito la frase "se in un film c'è una pistola prima o poi sparerà" che è un po' una specie di assioma da ripetere a pappardella e da assumere a misura dei corsi di intelligenza scrittoria. E valga pure per il libro. Ma nella vita? Nella vita ci può essere una  pistola (o un fucile) che sparerà o qualsiasi altra cosa che scatterà? Una tagliola. Una persona. Una macchina. Mi ha sempre colpito la predestinazione e l'incognita nella quale nuotiamo. Quale sarà il mio fucile? La mia tagliola? Quale cosa, seminata nel tempo dei miei anni, un giorno acquisterà un senso improvviso e immediato e chiuderà un cerchio aperto nelle prime pagine di questa vicenda con data di nascita e nome e cognome e città?
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Di Carvelli (del 01/02/2007 @ 14:51:36, in diario, linkato 831 volte)

Segnalo un bel blog (scoperto per caso) www.luxuslinguae.splinder.com e un bel libro, quello di Marìas che vedo ritratto nella sua migliore versione (cartotecnicamente parlando) italiana. Il post mi ha fatto ripensare alla sua bella lettura e ai molti regali (mai purtroppo nella versione qui effigiata) ed è per questo che vi invito a questa doppia lettura.
Segue il post dal blog di cui sopra (a cui mi auguro che segua quella del serrato procedere da maratoneta di Marìas).

La ricerca del riconoscimento

Vero che la parola della settimana è all-nighter, ma la pensavo di segno diverso.

Anzi, una si ripropone di invertire il turno nottambulo, va a letto con le galline, poi però si sveglia all'improvviso a mezzanotte (sono quelli di sopra) e perde il sonno. Intanto si alza un vento ignoto che scatena uno sferragliare di lamiere di garage, uno sbatacchiare di oggetti che volano dalle terrazze, uno scuotersi di rami nudi, e tutta la casa sembra percorsa da fantasmi, le porte si aprono da sé scricchiolando paurosamente, la tromba delle scale ulula di vento, correnti d’aria lambiscono i piedi che camminano nudi sul parquet.

Non c'è verso di dormire, odio il vento, mi trasmette ansia, paura, senso di frantumazione. Pesco un libro dal cumulo del comodino, ma è il libro sbagliato se pensavo di ricadere nel sonno (la sveglia è puntata alle 6): Un cuore così bianco di Javier Marías (trad. di P. Tomasinelli, Einaudi, Torino 1999).


Oltre all'incipit che sembra la poetizzazione di uno di quei fatti di cronaca che attirano morbosamente il lettore, volente o meno (una giovane donna, appena tornata dalla luna di miele, va nel bagno della casa del padre e si spara al cuore), mi catturano le prime frasi in bocca al narratore in prima persona, Juan, interprete e sposo novello, perché, come si dice più tardi nel romanzo, «è forse questo che ci spinge a leggere romanzi e articoli e a vedere film, la ricerca dell'analogia, del simbolo, la ricerca del riconoscimento, non della conoscenza» (p. 210).

 

Il problema principale e più comune all'inizio dei matrimoni ragionevolmente convenzionali è che, nonostante la loro inconsistenza e la facilità con cui i contraenti possono sciogliere il vincolo, per tradizione è inevitabile sperimentare una sgradevole sensazione di punto d'arrivo, e dunque di arrivo a una fine, o meglio (dato che i giorni passano, uno dietro l'altro, impassibili, e non c'è fine) l'impressione che sia arrivato il momento di pensare ad altro. (p. 12)

Percorso da frasi ricorrenti, intessuto di citazioni shakespeariane che fanno da inquietante sottotesto a quella che potrebbe sembrare soltanto la normale storia di un normale matrimonio, animato da un ritmo lento e irreversibile, è come il bolero di Ravel, mi fa cadere in uno stato ipnotico da cui esco soltanto quando lo finisco, verso le 4 del mattino.

Mi sembra di aver sognato il libro, quando stamane mi alzo, in ritardo e con la testa gonfia di immagini e una frase incisa, quell’esortazione di Lady Macbeth «a non pensare so brainsickly of things, di difficile traduzione, in quanto la parola brain significa cervello e la parola sickly vuol dire cagionevole o malato, anche se qui è un avverbio; dunque letteralmente gli dice di non pensare alle cose con un cervello così malato o così cagionevolmente con il cervello, non sono bene come ripeterlo nella mia lingua […]» (p. 79).

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Di Carvelli (del 01/02/2007 @ 12:23:11, in diario, linkato 920 volte)
Io rido per le gag visive tu per i giochi di parole. Io mi sganascio quando s'infrange il codice del comportamento usuale tu quando a crollare è il senso logico del verbo. Eppure alle volte rido anch'io per un refuso ma deve esserci un aggancio visivo. Come oggi: visone ed era visione.
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Di Carvelli (del 30/01/2007 @ 09:49:23, in diario, linkato 1458 volte)

Delle mattine ascolto, implacabile come la polvere sugli oggetti della casa, l'oroscopo del giorno o della settimana. Dallla radio. O finisce che lo leggo sul giornale anche se dice LEI (e io di lei ho davvero poco, un poco sì ma poco, quel poco o molto che serve che basta che fa bene, che aiuta ad essere migliori ed è magari un bel po'). LEI ma io leggo lo stesso. Leggo e non capisco. Ascolto e se devo ripetere non so dire nulla. Devo avere una intelligenza di un secondo tipo (ma esistono intelligenze di un secondo tipo o c'è una letteratura scientifica che si porta a crederlo per vendere antidepressivi piuttosto che revolver?). Mettiamo che esista e che questo secondo (o c'è anche un terzo) tipo ci porti a confonderci nelle belle frasi magari come si farebbe se una persona amata ci carezzasse la testona con ampie bracciate (ricordate la barzelletta? "No non hai la testa grande!"). O qualcuno lodasse nostre attitudini apertamente sbugiardate dai fatti. Grazie alla mia amica L a cui confidavo questa mia inintellegibilità oroscopistica ecco due auspici chiari chiari. Uno di Internazionale e uno di Repubblica delle Donne. E io permango nell'incoscienza intontita da belle parole. Con quel sorriso. Ebete e felice che forse sono migliore di quello che penso. O lo sarò.

Capricorno (22 dicembre - 19 gennaio) La mia analisi dei presagi astrali mi fa pensare che nelle prossime settimane sarai più ferino del solito. La tua intelligenza istintiva sarà al massimo, e quindi sarai perfettamente in grado di capire di chi puoi fidarti e di chi no. Il tuo corpo ti fornirà una serie di preziosi suggerimenti su varie questioni, da come acquistare maggior potere a come trovare un migliore terreno di caccia. Sarai anche più scatenato del solito. Potrebbe essere divertente oppure metterti nei guai: tutto dipenderà da quanto l'essere umano che è in te rispetterà e al tempo stesso controllerà l'animale che è in te.

Capricorno (22/12 - 21/1) Quando si innesca la parte bambina - ve la concedete quando avete fatto bene tutti i compiti - avete l'improvvisa voglia d'una apparizione. Come se arrivassero i freak-brothers a saltare sulla scrivania, cambiandovi l'ordine dei fattori. Tanto sapete che il prodotto non cambia, ma il sogno di vedere spazzati fatture e fogli, conti e tattiche e limbo quotidiano non ve lo negate. È un sogno. Anche la realtà è un sogno da interpretare, e la distanza tra i freak-brothers e la linea del dovere non è poi così grande. Voi scegliete sempre l'aderenza composta al ruolo, ma sorridete ai paladini del rifiuto totale che per qualche attimo sconvolgono il vostro ordinatissimo cervello. 
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