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Di Carvelli (del 22/05/2012 @ 11:45:34, in diario, linkato 1500 volte)
La parola di oggi è: salamelecchi. E tutti i frasari connessi: "non fare salamelecchi", "basta coi salamelecchi", "odio i salamelecchi". Ma la parola ha un bel suono. E una bellissima etimologia: da salam alaik, che vuol dire "pace a te", saluto molto comune fra gli arabi. Uno di quei casi in cui una parola ha un etimo migliore del suo significato.
Era un po' che non lo vedevo quel gesto. Fermarsi al centro del marciapiede e aggiustarsi il sandalo spostando il piede, ruotandolo su se stesso. Forse è levare un sasso, forse mettere a posto la suoletta. E infatti chi lo fa è una donna di una certa età. Ha un'aria dimessa nonostante il vestito curato, studiato, elegante anche se ordinario. E sa di mela come di uno shampoo di poco prezzo e formato famiglie. Ma forse è sola. Ed è bassa. E forse in questa giornata deve fare tutto di fretta. Andare al lavoro. Pensare a tutte le occupazioni altre. Forse badare a una mamma o un padre anziani. Forse a un uomo disattento e sgarbato (ma in un modo tollerabile). Ma forse è solo che oggi è lunedì. E c'è ancora tanto da fare. In prospettiva. Si riaggiusta il sandalo e va.
Voi come fate a capire quando le cose iniziano a girare? Io: 1) l'assicurazione ti dice che riceverai 350euri per un incidente fatto (una volta tanto) con uno che è assicurato (tre mesi fa lo stesso era accaduto con uno non assicurato, cosa, pare, sempre più diffusa); 2) l'impiegato di un'altra assicurazione ti comunica che sei stato confermato in classe prima, in vece che quattordici come preventivato, grazie a uno stupido vecchio timbrino di un funzionario su una pagina per quanto poi mai riportato in registro (siamo tutti figli della borocratija); 3) una cacata di piccione 3x3 finisce in corsa sul parabrezza della moto altezza occhi e tu pensi "una frazione di millesimo e mi prendeva in piena faccia".
Da dove mi vedi tu? Da quanto lontano mi leggi? Senza sapere chi sono e cosa faccio cosa pensi delle parole che trovi? Di quello che scrivo, che idea ti fai? Un tempo, tu non eri neppure nata, una frase ci avvertiva che stava per arrivare un'altra chiamata. Ci fermavamo sospesi aspettando di riconoscere le cifre di...Erano le mie o le tue? Non compariva un nome sul display. I numeri erano quasi condanne o premi che a uno dei due toccavano per destino. Arrivavano scanditi come in una roulette russa. Nei tanti anni che ci separano queste differenze elettriche scavano tra noi un guado che potremmo riempire solo coi silenzi o con storie mie che non sono tue. E viceversa. Tu digiti forse più veloce di me. Tu è possibile che fai passaggi più rapidi nel ragionamento. Passi da un discorso all'altro, da una dieta all'altra, da un convincimento all'altro in modo totalmente diverso dal mio. Forse baci in modo differente. Hai o non hai sensi di colpa se fai qualcosa in cui non credi ma che ti va di fare. Ti risolvi da sola cose che alcuni di noi forse risolvevano solo agitando nello scarico di responsabilità generazioni che precedevano o seguivano. Nei pomeriggi rari che passiamo insieme sento che arriva tutta questa luce tenue, il passo leggero di un'ombra che avanza, il soffio vicino di qualcuno che ti sta per parlare all'orecchio. E poi vai via e ritorni da dove sei venuta. Da dove, già? Per questo ora che tu non sei qui ma sei lì a chilometri di distanza e non so quando è previsto un nuovo incontro... Mi piacerebbe - dicevo - che sentissi nelle orecchie una alla volta le lettere del mio nome, le lettere del mio codice. Quelle che aprono il tuo desiderio e il ricordo un po' appannato di giorni fa. Quanti? In questo modo comunico a te, telepaticamente, che ho voglia di sentirti. Tu ascolti, riconosci il mio pensiero, lettera per lettera, numero per numero, e metti giù quello che stai facendo. Sto arrivando da te. Anche se non subito. Appena avrai butatto giù sarò lì.
Ritorno a casa
ora è tutto leggibile; in semioscurità fuori dal legno parlano colombe. stazioni stazioni ferroviarie, nazioni limitrofe: sono stanco sullo sgabello. a pian terreno si offrono betulle, faggi. saluto qualcosa che manca. tutto il tempo di dio, questo voleva seneca. io volevo una fisarmonica e un cane, vedevo cose, che precipitavano ……….dal tavolo, nelle quali ero contenuto io
di Lutz Seiler (traduzione F. Italiano)
Quando son soli il padrone e lo schiavo si abbracciano.non lo dirò al banchiere né al dottore.guardateli,contemplano il sole scendere/dietro il monte che non è di nessuno.non sanno niente né di alleanze né della fenice.stasera il sole scende/magnifico dietro una montagna, e i miei due uomini/sogneranno mille volte questa scena/negli intervalli/della reciproca punizione. Leonard Cohen
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