Immagine
 LondonLetto... di Carvelli
 
"
Salta giù dal letto di primo mattino e si mette in cammino solo quando ha lo spirito netto, il cuore puro, il corpo leggero come un abito estivo. Non si porta dietro provviste. Berrà per strada aria fresca e respirerà salubri odori. Lascia le armi a casa, gli basta tenere gi occhi bene aperti. Gli occhi gli servono da reti dove le immagini verranno ad imprigionarsi da sole.

Jules Renard
"
 
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 23/03/2009 @ 09:04:44, in diario, linkato 1270 volte)
So tenderly 
Your story is
Nothing more 
Than what you see
Or 
What you've done 
Or will become
Standing strong 
Do you belong
In your skin 
Just wondering

Gentle now 
The tender breeze 
Blows
Whispers through 
My Gran Torino
Whistling another 
Tired song

Engine humms 
And bitter dreams 
Grow heart locked 
In a Gran Torino
It beats 
A lonely rhythm 
All night long
It beats 
A lonely rhythm 
All night long
It beats 
A lonely rhythm 
All night long

Realign all 
The stars 
Above my head
Warning signs 
Travel far
I drink instead 
On my own 
Oh,how I've known
The battle scars 
And worn out beds

Gentle now 
A tender breeze 
Blows
Whispers through 
A Gran Torino
Whistling another 
Tired song

Engines humm 
And bitter dreams 
Grow
Heart locked 
In a Gran Torino
It beats 
A lonely rhythm 
All night long

These streets 
Are old 
They shine
With the things 
I've known
And breaks 
Through 
The trees
Their sparkling

Your world 
Is nothing more 
Than all 
The tiny things 
You've left 
Behind

So tenderly 
Your story is
Nothing more 
Than what you see
Or 
What you've done 
Or will become
Standing strong 
Do you belong
In your skin 
Just wondering

Gentle now 
A tender breeze 
Blows
Whispers through 
The Gran Torino
Whistling another 
Tired song
Engines humm 
And bitter dreams 
Grow
A heart locked 
In a Gran Torino
It beats 
A lonely rhythm 
All night long

May I be 
So bold and stay
I need someone 
To hold
That shudders 
My skin
Their sparkling

Your world 
Is nothing more 
Than all 
The tiny things
You've left 
Behind

So realign 
All the stars 
Above my head
Warning signs 
Travel far
I drink instead 
On my own 
Oh 
How i've known
The battle scars 
And worn out beds

Gentle now 
A tender breeze 
Blows
Whispers through 
The Gran Torino
Whistling another 
Tired song
Engines humm 
And better dreams 
Grow
Heart locked 
In a Gran Torino
It beats
A lonely rhythm 
All night long
It beats 
A lonely rhythm 
All night long
It beats 
A lonely rhythm 
All night long
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Di Carvelli (del 19/03/2009 @ 09:52:21, in diario, linkato 1082 volte)

E' e non è un tempo buono per tutto. Per gioire che sta cambiando (anche se lo sappiamo e non lo sappiamo, anche se non ce lo diciamo). Per il dispiacere di tutto quello che rimane dietro, ché niente rimane indietro, davvero indietro. Che è un anno, un anno appena. Che aspettiamo da troppo, troppo. E forse è il momento prima - hai presente? - il momento prima. Eccoci: nel momento prima. Forse è bene che ce lo godiamo in tutta quella attesa breve e infinita. Appena poco dopo l'aggettivo "speranzosa".

 

PS Due modi per finire, bene. Al cinema. Con i miei saluti.
www.youtube.com/watch?v=HEXF7U5TYV8
www.youtube.com/watch?v=Y5QYv_LzXAc

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Di Carvelli (del 19/03/2009 @ 09:14:44, in diario, linkato 1128 volte)
PeopleAggregator

La scuola al tramonto
di roberto carvelli


Si sta come sui banchi gli studenti. Ed è subito maturità. Poi tu lavori o continui a studiare: quello che capita coi soldi che c’hai. Con quelli che ti danno o che hai messo da parte coi regali delle comunioni, delle cresime – ecco il vantaggio competitivo della fede sull’ateismo – o con i regali dei compleanni, quelli della maturità. E invecchi. Tu e pure la scuola. E sì, pure la scuola invecchia. Specie se è pubblica. Si scrosta l’intonaco come la pelle di chi è stato al mare, al sole per troppo tempo, con o senza protezioni, e rimane lì a prendere altro sole. Ma, Gli dispiace, i soldi non ci sono. E aspetta, la scuola. E pure tu che ci passi davanti aspetti di vederla come te la ricordavi. Senza quelle screpolature. Ma non succede. E passano gli anni. Anni di transenne, di ingressi laterali, di messe in sicurezza come dicono. Ma la scuola: sempre al sole. L’eritema si allarga, i professori e i presidi protestano. Inutilmente. I genitori manifestano, gli studenti scioperano. Senza risultato. E tu lavori e invecchi sotto il sole e sotto la pioggia. E passi dalla Tuscolana e ti chiedi. Era rossa? La scuola era davvero rossa anni fa? Ma mentre ti fai questa domanda l’ustione continua ad allargarsi. La domanda ora è: la chiazza si allarga, o sbaglio? Ma la risposta si misura con il perimetro delle transenne e del nastro california. L’effetto caldo-freddo, pioggia-sole allarga la desquamazione e la scuola rischia di diventare bianca da rossa che era. Si nota di più ora che è il tramonto. Ma l’effetto non è positivo. Bianca o rossa che sia, bianca o rossa che fosse la tua scuola, quella istituzione inalienabile, sacra, inossidabile non ti sembra più tale. Quel partenone dei tuoi sette anni non ha neppure lontanamente quella solidità che pareva avere allora. E non ti vengano a dire che è un problema di prospettive o di memoria.

http://www.accattone.org/PA/web/content.php?cid=409


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Di Carvelli (del 18/03/2009 @ 08:52:57, in diario, linkato 1258 volte)

">.

 

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Di Carvelli (del 17/03/2009 @ 11:35:28, in diario, linkato 1384 volte)

Gli specchi di un'anima tormentata
di Roberto Carvelli

«ValeANA» (Elliot edizioni, 117 pagine, 12,50 euro) è il libro di esordio di Martita Fardin , scrittrice di Como che per parecchi anni ha abitato a Trento (collaborando anche con le pagine culturali dell' Adige ), prima di fare ritorno sulle rive del lago manzoniano. Frasi di cruda e scarna adesione al vero doloroso che disegnano la storia di Vale, spirito inquieto che si dibatte tra il mondo della moda famigliare e la solitudine esistenziale attenuata dall'amicizia delle amiche e una storia d'amore (tra le pagine più riuscite del libro) con un musicista austriaco malato di tumore al seno. Tra sms e autoracconto la vita di una diciottenne alle prese con il dramma dell'anoressia. Martita Fardin costruisce una sorta di giallo esistenziale che si risolve però all'interno. «Quod me nutrit me destruit» è l'esergo della quarta di copertina, motto che chiude e apre la vita di chi si ama filiforme fino al rischio della evanescenza. Abbiamo intervistato l'autrice. Il libro ha una scrittura piana, diretta, dichiarativa. Racconta fatti chiamando le cose con semplicità. Ci sono le marche che ormai suggeriscono (sostituiscono) i nomi degli oggetti, un po' di slang ma contenuto. È la voce di una diciottenne: in che misura quelli che ho detto sono tratti distintivi della voce della protagonista e si discostano dal suo sentire? «Amo la semplicità nella scrittura. Volevo che il libro si infilasse come un fiore o un ago nella mente del lettore. Per quanto riguarda le marche e gli oggetti, direi che ho chiamato semplicemente le cose con il proprio nome». L'anoressia ha un ruolo fondamentale. A tratti il libro vira addirittura verso l'inchiesta o quasi, chiamando a raccolta blog, testimonianze, community. Può parlare del lavoro che ha fatto per aprire a questo underground di chi soffre per questo disturbo psicoalimentare? Ed è veritiero o comune che ci sia un senso di appartenenza e condivisione tra chi ne soffre? «Questo libro è quanto di più lontano da un'inchiesta. È la storia di un'anima, come direbbe Leopardi. L'anima di Vale, e anche un po' la mia». Un mondo, quello comasco, e un ambiente, la moda. Party fastosi, soldi a pioggia: è esplicito o implicito o è solo simbolico che l'anoressia sia la malattia del rifiuto di un'abbondanza a tratti strabordante? «Ogni evento, ogni scenario, acquista nella storia un che di simbolico, come se tutto avesse un senso evidente e uno nascosto. Almeno, io ho lavorato in questo senso». Nelle prime pagine (ma anche altrove) si tende a creare un nesso culturale-spirituale che vede il difficile rapporto col cibo come un portato ereditario della mediazione della fede... «Posso solo dire che io volevo descrivere un interno di famiglia. Dove ci sono persone che si muovono sotto l'ombra rassicurante e tremenda di un crocefisso di legno». Proprio per quel che è stato detto prima si potrebbe pensare che il suo sia più un libro su delle testimonianze, a tema o a tesi. Ha già scritto altro? Ha in mente altro da scrivere? Ha autori di riferimento a cui si ispira? Quale crede che debba essere la funzione della letteratura? «Rifiuto fermamente questa definizione. Il mio non è affatto un libro a tesi. Questo è il mio primo, romanzo, forse ne verranno altri, forse no. Se ci penso, nella mia testa ho sempre scritto. Mi piace Agota Kristof. Una volta lei ha detto che per la sua scrittura si è ispirata ai temi dei suoi figli. Ecco, mi piacerebbe scrivere come un bambino di terza elementare. Una scrittura semplice, elementare, onesta. La funzione della letteratura? Scacciare la morte, tenerla lontana, anche per pochi istanti. Che altro?».


l'Adige 15/03/2009

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Di Carvelli (del 13/03/2009 @ 09:45:39, in diario, linkato 854 volte)
Oggi la gente sta con delle facce pensierose. Fanno su e giù sul marciapiede, imboccano le discese della metro, e hanno visi contratti, corrucciati, perplessi. Chissà a cosa pensano. Io mi dico Luca e Paola si amano. Luca e Paola si amano. Luca e Paola si amano. Ma sono due nomi a caso. In effetti, con conosco una coppia con questi nomi. Ma li ripeto come se fosse una promessa. Qui o altrove. A Milano? A Bologna? Luca e Paola si amano. Da qualche parte. Luca e Paola si amano. E la gente oggi - almeno davanti a me - ha la faccia perplessa. Chissà a cosa stanno pensando.
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Di Carvelli (del 09/03/2009 @ 10:42:36, in diario, linkato 831 volte)

Distrazione e guano, foto-racconto su accattone.org

www.accattone.org/PA/web/content.php?cid=401

 

Ordinanza n. ---

L’Autorità

premesso che l’EUR è zona di grande scorrimento e in ispecie l’anello circondariale del Palazzo dell’Eur ora PalaLottomatica è da ritenersi punto nevralgico del traffico e a rischio di incidenti vieppiù nelle ore serali;

premesso che già con note precedenti – i cui numeri non vengono qui richiamati – era già stato fatto divieto ai volatili di specie storni (Sturnus vulgaris) di manifestare nella zona in questione producendo distrazione e guano;

considerato inoltre che l’orario di apertura delle attività serali del suddetto PalaLottomatica coincide con quelli della presenza di detti uccelli;

considerato che l’adozione delle precedenti Ordinanze è stata disattesa dai medesimi;

attesa l’opportunità, al fine di garantire la tutela del diritto alla quiete e alla sanità della popolazione nelle ore in questione, di disporre una specifica regolamentazione;

attesa inoltre la necessità di preservare raccolti e piantagioni limitrofe all’area;

verificato che la mancanza di regolamentazione è frutto di nuovi disagi per la circolazione e per i cittadini e che nulli sono risultati i precedenti tentativi di sensibilizzazione allo spostamento di detto gruppo di volatili (grida di uno storno attaccato da un rapace o colpi di carabina registrati e riprodotti da altoparlante, azioni di falconeria, dispositivi di cannoneggiamento ad aria compressa, mescola di anticoncezionali nei mangimi);

ritenuto altresì che la specie in questione non è da ritenersi a rischio estinzione;

Tutto ciò premesso e richiamato

ORDINA

  • a codesti volatili di migrare volontariamente o svolgere le loro evoluzioni artistico-aeree in altro loco discosto dal detto tratto di strada per non creare ostacolo al traffico delle automobili e nocumento ai passanti. I contravventori saranno multati e obbligati al rimpatrio forzato nell’areale di provenienza di ciascuno storno.

 

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Di Carvelli (del 05/03/2009 @ 09:03:35, in diario, linkato 856 volte)

Un mio racconto horror o horror vacui? Magico (real magic), mefistofelico, fiabesco, citazionista, brutale o semplicemente bruto se non addirittura brutto? Un racconto: in websitehorror il sito di annunci letterari di Marco Candida. Si intitola La manina di Dio.

www.websitehorror.com/index.php?content=website_horror&id=29;

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Di Carvelli (del 02/03/2009 @ 11:36:10, in diario, linkato 864 volte)
Il fatto è che da due settimane appena tocco il freno della vespa esso fischia. Il che non a tutti dà brividi di velocità. E finisce per essere, insomma, inopportuno. Ai semafori, alle curve, nel traffico. Ho provato a farlo rivedere al meccanico ma la risposta è stata: "Freno che fischia, freno che frena". Mi sono fatto domande interiori sull'opportunità dei proverbi e ho concluso che non sempre avere un motto pronto all'uso per qualcosa aiuta a semplificare le cose, pur rendendole di fatto più semplici.
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Di Carvelli (del 24/02/2009 @ 16:15:04, in diario, linkato 1277 volte)

Oriente partenopeo

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