Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 09/05/2008 @ 09:53:05, in diario, linkato 1333 volte)
Dunque è venerdì. In media c'è e ci sarà il sole (non credo trattarsi di ottimismo, è solo la stagione). La vespa funziona. Le gambe funzionano e anche la bici (quindi c'è anche un pianoB ciclistico). Dunque si può partire. O restare. Stamattina ho visto un cane-uomo (non viceversa). Si comportava come un essere umano. Abbracciava, piegava la testa in cenno di diniego o sussiegoso per ottenere glucosio. Poi si è rannicchiato modello feto. In tutto e per tutto sembrava un errore di natura. Con pelo.
E' morto Luigi Malerba. Di lui ricordo e conservo i primi sei libri oltre a Storie dell'anno Mille (scritto in collaborazione con Tonino Guerra).
La scoperta dell'alfabeto (1963)
Il serpente (1966)
Salto mortale (1968)
Le rose imperiali (1974)
Le parole abbandonate (1977)
Il pataffio (1978)
In particolare mi colpì il primo libro. I racconti della Scoperta erano qualcosa di nuovo eppure così antico e universale da meritare una lettura trasversale. Una cifra questa che avrei ritrovato in altri libri con un gusto ancora più smaccato e/o dichiarato. La poetica era quella: essere nel tempo e così essere del tempo, di un tempo universale dove tutto si rende possibile nella contemporaneità. Essere contemporanei della e nella letteratura universale: un discorso che mi sembrava meno freddo del borgesiano e più plausibile. Forse era il respiro della padanità (in senso stretto) a dettare questa trasfigurazione perfetta, non estrosa né fantascientifica. Non credo fosse un caso che amasse la letteratura che trasfigura il reale pur non seguendo linee addicted. Del Salto mortale conservo una di quelle mitiche copertine Bompiani lunghe e strette, molto bianche e con disegni freddi, geometrici. Eccola è questa, fortuna di google.
Tutta quella carta impressa (schiacciata e spessa) e il senso di straniamento che si respirava in quel libro. Se ora lo odoro penso alle bancarelle dell'usato, alla statua di Garibaldi, alla filatelia, a via IV novembre. Chissà perché mi viene in mente tutto questo? Voglio rileggerlo e vedere.
Non so se sono gli occhialetti ma delle volte nuotando a rana vedo delle strane figure sott'acqua. Forse è solo un effetto dell'acqua che si è fatta più calda, minori i contrasti tra il prima e il dopo, tra il freddo e il caldo, l'asciutto e il bagnato. Fra un po' lanciarsi in acqua sarà solo una cosa salata e fredda, più o meno, preceduta da sabbia e sudore.
Vi segnalo un raccontino sul gioco dei corpi sull'ultimo numero di ZOE MAGAZINE che trovate qui.
E un'intervista anticonvenzionale sul fumo con Fincato, re delle pipe sul numero ultimo di Settestrade rivista ACI che credo però si riceva solo per abbonamento.
Esco dalla lussuria. M'incammino per lastrici sonori nella notte. Non ho rimorso o turbamento. Sono solo tranquillo immensamente. Pure qualche cosa è cambiato in me, qualcosa fuori di me. Ché la città mi pare sia fatta immensamente vasta e vuota, una città di pietra che nessuno abiti, dove la Necessità sola conduca i carri e suoni l'ore.
A queste vie simmetriche e deserte a queste case mute sono simile. Partecipo alla loro indifferenza, alla loro immobilità. Mi pare d'esser sordo ed opaco come loro, d'esser fatto di pietra come loro.
Ché il mio padre e la mia sorella sono lontani, come morti da tanti anni, come sepolti già nella memoria. Il nome dell'amico è un nome vano.
Tra me ed essi s'è interposto il mio peccato come immobile macigno. E se sapessi che il mio padre è morto, al qual pensando mi piangeva il cuore di essere lontano ora che i giorni della vita comune son contati, se mi dicesser che mio padre è morto, sento bene che adesso non potrei piangere.
Son come posto fuori della vita, una macchina io stesso che obbedisce, come il carro e la strada necessario.
Ma non riesco a dolermene.
Cammino per lastrici sonori nella notte.
Chi era più sorpreso io o te? Di vederci faccia a faccia quell'ora? Io in bici tu - a piedi dovrei dire? Chi? Io o te? Tu ti sei buttata nel verde (ma non subito) io ho continuato la mia pedalata. Nessuno era pericoloso per nessuno. Solo d'intralcio.
Di quello che un tempo era il cervello, la prontezza, la voracità. Di quello che andava e veniva. Di quello che ancora era inatteso il ritorno ché la vita era avanti, avanti. Di quello, oggi, cosa resta?
Oggi ti avrei detto buon compleanno. E sarebbe stato un giro di regali breve e senza soprese. Cose utili. Cose programmate. Già decise in uno spazio di opportunità ben assimilate. Dai gusti. Degli anni. Un altro anno. Senza le scosse di quegli eventi troppo attesi. Ma anche senza delusioni.
Piovono giorni e cose in arretrato. Mi riparo con l'ombrello del tanto poco da fare. D'importante. Pensando a cosa è davvero importante. Da fare. Cosa sì e cosa no. Per completezza: cosa sì e cosa no...serve, provoca benefici, ha conseguenze migliori eccetera eccetera eccetera
"Metti ottocento lire". Mi è venuto in mente così all'improvviso causa motorino un po' vecchio per le strade di B la richiesta spiccia al benzinaio della miscela, contando monete. Contando monete.
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