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 Il letto cullacuccia di Edlin... di Carvelli
 
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Proverò a riscrivere tutta la vita non dico lo stesso libro, ma la stessa pagina, scavando come un tarlo scava una zampa di tavolino.

Luciano Bianciardi
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 08/04/2008 @ 14:55:45, in diario, linkato 643 volte)

Dunque? Dunque niente.
Come "niente"? Niente. Non mi piace "dunque", è una parola che odio. Mi costringe e per questo non mi piace.

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Di Carvelli (del 08/04/2008 @ 12:07:58, in diario, linkato 745 volte)

E' bello non è bello. Mi piace non mi piace. Che dire di un film di Wong Kar Wai? Che è un film di Wong Kar Wai e in quanto tale fa genere a sé con tutto quel talento un po' prezioso dell'immagine, del ralenti, del colore, delle luci ecc. Che dire poi dei temi? Che dire della direzione degli attori? Ecco, forse ci sarebbe da chiedere quanto e come faccia bene ad un attore essere parte di una tela d'autore. Eccezioni: Mastroianni e Fellini (chi altri con lui?). E con Ferreri? Ci sono registi che mangiano gli attori e registi che...come dire? Tutti li valorizzano, come no...ma in certi casi lo scambio simbolico è più forte e si perde qualcosa in ragione di qualcos'altro. Tempo fa sentii un'attrice rivelare che sì si sarebbe spogliata di nuovo al cinema ma per Wong Kar Wai... l'ovvio sottotesto è che se uno si spoglia per un regista così non si spoglia in quanto lei ma per quello stesso principio di scambio simbolico partecipa ad un'operazione di morte. Un suicidio? In un certo senso. In un altro è qualcosa che ricorda i bambini di satana o qualche setta sacrificale. Ecco la domanda: è giusto morire in cinema? Fino a che punto vale la pena eternarsi in pellicola?

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Di Carvelli (del 07/04/2008 @ 09:31:33, in diario, linkato 728 volte)
Letto: Modi di morire (interessante anche se alla luce di qualche controversia), Necropoli di Pahor (bellissimo ma ne scriverò), La strada di McCarthy (straordinario). Letto anche ipotetica intervista a Murakami sul Corriere della Sera di sabato (troppo poco per dirla tale e troppo lunga per chiamarla recensione: succede spesso che il lampo faccia grande luce - addiritttura annuncio in prima pagina - a dispetto del tuono). Visto: a teatro Trilogia della villeggiatura di Goldoni con un bravissimo Servillo. Al cinema Onora il padre e la madre (bello, ma forse ne avevo già parlato), Nessuna qualità agli eroi, Non pensarci (per cui spendo ora qualche parola), Il petroliere (ne dirò in altri termini dopo, qui dico solo che mi è sembrato un non velato tributo a Kubrik). Non pensarci: non pensateci ed andatelo a vedere. E' una commedia ben diretta e ben recitata. C'è ovunque molta naturalezza, nessuna forzatura, nessuna pretenziosità (come a dire che non gioca con nessun clichè, non accende fumoni che nascondano la reale consistenza del soggetto: quello che è c'è e si vede e questo è importante al cinema cme in letteratura). Un Mastandrea a mia memoria alla sua prova più importante e tiene botta. Bravissimo come sempre Battiston. E, tradisco debolezza, bellissima e brava Anita Caprioli (ai cui danni ho fatto un piccolo furto che spero vedrà luce). Il petroliere: perché cambiare titolo sempre (annosa questione)? Soprattutto quando c'era un titolo inglese così bello e necessario? Dicevo di Anderson che accende incenso al Maestro col K. Un film sull'odio, sulle civiltà dell'odio, basate su. E sugli inganni. Mi ha fatto pensare a Flannery O'Connor. Ma non parlerò del film quanto di una sala parrocchiale che mi ha ridato elisir di lunga giovinezza. A ero il più giovane in sala (e a quarant'anni fa un suo piacere) B non c'era un posto uno libero 3 (A B e 3 è un mio modo di mettere sempre un refuso concettuale nelle elencazioni che mi è stato fatto notare e celebro con diritto) tre euro costava il biglietto. Vorrei che questo fosse un peana alle sale parrocchiali (hai perso un film e lo vedi, paghi pochi soldi, ti riconcili con un mondo che incontri poco. Mi ha fatto pensare alle sale da cinema studentesche o in area di studi. Qui come lì commenti in sala: 1876 (il pubblico ripete a voce la cifra sovrimpressa...perché? Per altri che non vedono?), "eh ma che carogna" (il pubblico partecipa alle sorti alterne dell'eroe). Pi all'improvviso si ricordano di una cosa da fare o rifare o fatta male e ne parlano come se stessero a casa. Shhhhh. C'è qualche appassionato cinefilo e quelli tacciono ma con rincrescimento. Intervallo: si allungano verso un botteghino dove lo stesso che ci ha fatto i biglietti vende gelati, pop corn e altri generi da cinema. Confortante. Da ripetere, nonostante tutto.
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Di Carvelli (del 04/04/2008 @ 14:33:50, in diario, linkato 774 volte)
A questo punto in teoria dovrei augurarmi la tua morte ben sapendo che è la seconda scelta. La mia ambizione più grande è che tu capisca. E' solo per l'inevitabile impossibilità che si cede al male minore.
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Di Carvelli (del 04/04/2008 @ 08:59:58, in diario, linkato 772 volte)
Riprendo dalla segnalazione di ieri. Ci sono foto di morte che hanno fatto il giro del mondo: Che Guevara per esempio. Ma la morte fotografata da Schels è una morte composta. Composta. Comporre. Si usa questo verbo qui: comporre un cadavere. Questa è l'espressione che si usa e contiene: vestire, chiudere gli occhi, chiudere con un fazzoletto la bocca e gli occhi con le dita. Poi vestire, incrociare le mani. Una composizione. Come un quadro. Come una foto posata. Come queste di Schels. Foto in cui non senti l'aria dentro o fuori quel corpo, in cui non distingui sonno da assenza, in cui vedi come la morte sia lieve e ammorbidisca i dolori. Ma è un fatto non solo scenico. La morte è davvero vita. La morte rinizia, riprende, rivuole e riottiene. Ma non ci si arriva per riflessione. E' questo il brutto della morte (che) il bello è in sé ma è ben celato. Tutti i lavori potrebbero essere lavori della e sulla morte. Tutti. Non solo quelli espliciti.
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Di Carvelli (del 03/04/2008 @ 14:56:53, in diario, linkato 850 volte)
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Di Carvelli (del 03/04/2008 @ 13:13:18, in diario, linkato 874 volte)

Grazie, del pezzo che mi hai mandato. Lo metto qui. Proprio qui.

 

"Ehi..Ehi..mi senti? Dì qualcosa" disse Midori, la testa ancora sepolta nel mio petto.

"Che cosa?".

"Quello che vuoi, purchè sia qualcosa che mi faccia sentire meglio".

"Sei molto carina".

"Midori", suggerì lei, "mettici anche il nome".

"Sei molto carina, Midori", corressi.

"Molto quanto?".

"Tanto da far crollare le montagne e prosciugare i mari".

Lei sollevò la testa e mi guardò.

"Sai che le espressioni che usi tu sono assolutamente uniche?", disse.

"Solo tu mi capisci davvero", dissi ridendo.

"Dimmi qualcosa di ancora più carino".


"Mi piaci tanto, Midori".


"Tanto quanto?".


"Tanto quanto un orso in primavera".


"Un orso in primavera?", chiese lei sollevando di nuovo la testa, "come sarebbe un orso in primavera?".


"Un orso in primavera.. allora, tu stai passeggiando da sola per i campi quando ad un tratto vedi arrivare nella tua direzione un orso adorabile dalla pelliccia vellutata e dagli occhi simpatici, che ti fa: 'senta signorina, non le andrebbe di rotolarsi un po' con me sull'erba?'. Tu e l'orsetto vi abbracciate e giocate a rotolare giù lungo il pendio tutto ricoperto di trifogli per ore e ore. Carino, no?".
"Carinissimo".


"Ecco, tu mi piaci tanto così".

 

(Haruki Murakami)
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Ora
Di Carvelli (del 03/04/2008 @ 10:55:03, in diario, linkato 809 volte)

Ti racconto un segreto. Prometti di non dirlo a nessuno?

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Di Carvelli (del 02/04/2008 @ 09:00:38, in diario, linkato 770 volte)
Quando perderai quella tua aria sdrucita, il tuo vittimismo innato, il lamentarti, il dolerti di ogni cosa, l'accusare gli altri, lo spostare continuamente le responsabilità. Quando perderai il rancore, il tormento. Quando ti lascerai alle spalle il gravame del tuo passato infelice. Quando ti libererai di quel prudente attendere che ti si chiami in causa per poi dire "non era compito mio, non toccava a me".
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Di Carvelli (del 01/04/2008 @ 16:51:49, in diario, linkato 770 volte)

Da www.matteobblog.splinder.com/

LE LISTE: 1) COSE CHE MI PIACCIONO

LE LISTE: 1) COSE CHE MI PIACCIONO



Quando in macchina rallento per far passare un pedone o un’altra macchina e loro mi fanno un cenno di ringraziamento con la mano.



Camminare per la città di notte ascoltando musica con l’iPod.



Gli attimi appena precedenti a una registrazione televisiva, quando ancora non si sa come andrà la puntata e tutti sono tra l’ansioso e l’elettrizzato.



Parlare in collegamento video con Skype.



Stare tutta sera sul divano col mio fidanzato a vederci di seguito quattro o cinque puntate di una serie tv registrata.



Il terzo o il quarto giorno in cui mi trovo in una città straniera e percepisco che comincio a conoscerla, che riesco già a muovermi da solo.



Ricevere fra la posta, a sorpresa, un libro che non vedo l’ora di leggere.



Comprare ristampe in cd tra le offerte speciali quando il prezzo è così basso che non mi fa sentire in colpa per acquisti anche avventati.



Il momento in cui capisco che ho raggiunto il numero sufficiente di racconti per realizzare un nuovo numero di ‘tina.



Guidare per lunghi tragitti con la musica che sembra perfetta per quello specifico viaggio.



Conoscere i lettori nei luoghi più inaspettati.



Controllare la posta da tutte le mie varie caselle mail la mattina subito dopo aver fatto colazione.

 

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