|
Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 03/03/2004

Ecco, tanto per dire e per fare i distinguo da La mia vita senza me...Questo è un film giovane, sulla morte (questo è però un film drammatico) ed è un film senza clichè. Ha un titolo superbo CORPI IMPAZIENTI (per fortuna nessun esercizio di traduzione creativa) ed è passato inosservato proprio per la sua delicatezza e il suo estremismo poco consolatorii...anche la delicatezza (invece della fanfara di luoghi comuni) è poco conslatoria. Ben girato e ben interpretato (e no che non era facile) battuto all'asta come un film di scopate (limitazioni di genere!!!) e quindi offuscato dal clamore dei corpi che qui sono impazienti per attesa della fine e per desiderio del nuovo. Sono corpi che aspettano, la morte e il piacere. Copri che non danno tegua al tempo e il tempo invece li vince in un'attesa e in una fretta (ecco i due rapporti del ragazzo con la fidanzata morente e la fiamma incipiente) che non dà respiro. Attenzione, nessuno dice che è un capolavoro, ma sicuramente è un film che ha da dire delle cose e le dice. Mentre La mia vita... aveva da suggerire le cose che tutti pensano (fantasticamente) dovrebbero essere. Fumettoso (con tutto il rispetto per...) e clamoroso (con tutti i distinguo dei veri clamori...averceli!!!).
Finalmente alla fine de L'Amore molesto di Elena Ferrante che è un bel libro davvero e si fa apprezzare ancora di più nella bravura del regista che ce lo ha fatto conoscere al cinema, Martone. A ritroso non si può non dire trattarsi di un adattamento superbo. Ovvio a leggerlo così, l'occhio della fantasia non può che adattarsi alle immagini (adattamento di un adattamento). Ma questa non è una prova è un dato di fatto magari anche facile, sbrigativo. Il libro. E' l'ossessione di una storia, l'ossessione della storia e la storia di un ossessione. Quella di Amalia (la madre) indotta, quella di Delia (la figlia) rimossa. Quindi è anche la storai di un confronto imbarazzante e stimolante con la dea dell'infanzia, la genitrice che qui è bella e scandalosa ma più potenzialmente che veramente. Ma si sa che la mente ha più valore dei fatti, a volte e così Amalia è la donna che ha visto Delia che finirà per somigliarle in un transfert malato. Ma Delia disegna fumetti come il padre quadri e Delia è sola come lo è Amalia (che scelta azzeccata quella dei due nomi così liquidamente consonanti e antichi ma anche di giusta interpolazione generazionale!!!). Delia è Amalia e infatti è destinata alla morte come la madre. Due zoccole dice il padre che confessa di augurargli la morte. Nel caso di Delia quasi gliela legge sul volto. Come che sia il seguito potenziale del libro (oltre la scoperta identità delle due donne che segna l'epilogo) Delia è morta (nella madre Amalia)... Il libro su Napoli sbandierato nella IV non è poi così esposto, evidente. E' un libro matrilineare e un libro su morte e ossessione. Quanto prima citerò le frasi che ho sottolineato. Mi piace di sicuro il momento in cui Delia definisce la lingua di Caserta (l'antagonista del padre) una lingua della fantasia. Lo svelamento delle violenze nel finale non è sicuramente la parte più efficace mentre è straordinario il racconto dell'incontro col figlio di Caserta a cui Delia è legata per analoga connessione mentale e con una sanità sciatta che la riappacifica nel clima della morte...la salvezza insomma del poco (l'uno per l'altra in un viceversa perfetto per differenza).
Fotografie del 03/03/2004
Nessuna fotografia trovata.
|