|
Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 09/03/2004
Generalmente la frequentazione degli ospedali fa bene. Non mi riferisco all'uso delle cure né tantomeno alla disposizione verso i malati. Niente affatto. O meglio sì, se volete. Ce l'ho con quella felice conseguenza che ci vuole rasserenati come se ogni passo di corsia tenesse l'annullamento di un pensiero.

E allora eccoli questi metri e metri a seguire una striscia colorata che ti porterà al reparto giusto. Normalmente la gente si aspetta che all'ospedale si sia fratelli, ci si dia una mano. La gente pensa più o meno così. Dicono (il posto generalmente avvicina due urgenze, due dolori, due bisogni e spesso due impossibilità): questa signora mi aiuterà. Lo dicono persino i maschietti così poco adusi a deporre le scimitarre del faccio tutto da me. E invece alle volte (davvero è raro e lo dico per interposta esperienza) c'è questa donna che davvero non gliene frega niente. Sì poi magari se glielo chiedi ti aiuta ma... Sta due giorni e si è portata (si è fatta portare) non - bada bene - ha affittato ma si è fatta portare un televisore. Due giorni e un televisore. Che già dice molto della mentalità del senso di adattamento e di come ci spaventi da morire perdere abitudini usi ecc. vabbè tutta questa premessa per dire cosa? Che invece l'ospedale offre a chi la sa cogliere l'opportunità di una rilassatezza estemporanea, e così tanto innaturale da parere perfetta, sublime pur conservando penuria, squallore, freddezza. Gli orari anticipati (pranzo 12, cena 18) questi pattinatori o maratoneti di corsia con tenuta pigiama, i colori verdacqua: tutto sembra remare contro e invece? Si tratta solo di perdersi un po'. Magari è un discorso da fuori (di fuori) magari è un discorso da star bene e poi farlo. Magari sono solo belli gli ospedali. Certe volte.
E' esattamente così. Che se non hai niente per conservare quel che hai sei costretto a riconsiderare quel che ti serve. Che poi scopri che sono davvero poche le cose che ti necessitano e ti tocchi le tasche per sapere se ci sono. E sono tipo il telefonino (che anche lì è bene quanto meno ogni tanto far finta di dimenticarselo per scoprire libertà) il portafogli (eh sì non sono molto mistico!) con tutte le sue carte e cartine per accedere a sportelli bancomat... Vestiti quanti? Libri quali? Aprire la propria borsa come se fosse una piccola casa ambulante e poi fare le prove di scena su un altro letto. Magari dormire vestito per alzarsi la mattina con quell'aria da campeggio, quella precarietà avventurosa da avventurieri di lungo corso. Salire sulla moto e fare strade nuove in direzioni fuoriorario con tempistica al contrario: troppo presto, tutto chiuso, altre abitudini degli altri. Alla fine, quasi per ricavo, sospetatre di essere un'altra persona o quantomeno di poterla diventare. All'occorrenza. Con un sistema di privazioni? Con l'arbitrio della volontà? O solo se costretti? La prova generale è riuscita. Il difficile è renderla scena di fronte al giudizio del pubblico, uno come mille persone assiepate a guardarti.
Fotografie del 09/03/2004
Nessuna fotografia trovata.
|