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 il letto di Kyoto... di Carvelli
 
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Salta giù dal letto di primo mattino e si mette in cammino solo quando ha lo spirito netto, il cuore puro, il corpo leggero come un abito estivo. Non si porta dietro provviste. Berrà per strada aria fresca e respirerà salubri odori. Lascia le armi a casa, gli basta tenere gi occhi bene aperti. Gli occhi gli servono da reti dove le immagini verranno ad imprigionarsi da sole.

Jules Renard
"
 
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 28/09/2009 @ 09:04:00, in diario, linkato 1215 volte)
Mi chiedi come sto. Sto bene con tutto che va male sai quelle combinazioni di cose per cui tutto precipita ma tu scopri che sai volare? Il punto è che non fai in tempo a essere contento della scoperta che già hai il panico che non sai per quanto ci riuscirai, se è casuale, se poi finisce questa abilità che non sapevi. Che stai lì che cerchi di capire dove potrai posarti con la paura che lì attorno non ci sia nulla. O magari è che sono un uccello migratore e non lo sapevo. E ora vado. E passerà tanto cielo e tanta terra vista dall'alto e chissà. Un'altra terra.
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Di Carvelli (del 28/09/2009 @ 08:53:32, in diario, linkato 1106 volte)
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Di Carvelli (del 24/09/2009 @ 12:27:06, in diario, linkato 1023 volte)

Ciao –

 

sono parole mie vero “aver paura di aver coraggio”? Mi ero dimenticato di avertelo detto. E’ proprio così che ci si sente, a volte. Ora tocca a te. Spero che ti duri poco. A me – non so dire purtroppo – tocca quasi ogni giorno. Non sono una persona forte, coraggiosa. No. Sono solo una persona audace, sfrontata, arrogante. Ho solo l’involucro esterno del coraggio. Una sua parte davvero inessenziale, marginale. Mi metto in mezzo alla battaglia da solo e dopo sono costretto a combattere. Spesso anche a perdere (e senza avere le risorse per gestire la sconfitta, un fatto triste e isolato per un esercito così piccolo, di uno stato così pacifico). Bisognerebbe andare preparati alla guerra. Con le armi giuste, la divisa giusta. Ma agli audaci capita anche di non avere allenamento, strategia. Ai folli capita. E in parte…

 

Questione seconda ma non secondaria. Sai che c’è? In effetti il limite è sottile tra massima felicità e massima normalità e anche questo fa tremare i polsi.

 

Sono convinto che per noi c'è la sicurezza (non ho detto “possibilità”) di una felicità più grande (è in questo che sento, che vorrei sentire la normalità). Difficile da credere. Difficile da provare (alle volte, solo alle volte, addirittura difficile da intuire… e per fortuna che esiste il sesto senso!). Una felicità talmente ampia da comprendere anche la nostra (quella che pensiamo nostra e solo nostra) infelicità. Una felicità, come dire, assoluta. Dovremmo continuare a ricordarci di essere più a lungo possibile dentro questa felicità più grande dentro la quale c'è anche la felicità più piccola (quella che noi pensiamo possa essere la più grande o l'unica possibile)… che sguardo piccolo che a volte abbiamo... E così stiamo sempre a guardare la felicità piccola, la nostra enorme elefantiaca spropositata piccola felicità.

 

Ad ogni modo magari capiterà che parleremo ancora, a voce.

 

Un saluto.

 

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Di Carvelli (del 24/09/2009 @ 09:11:28, in diario, linkato 1028 volte)
Di me hanno sempre saputo parlare meglio gli altri. Di me forse tu. Tu puoi sapere meglio. E lo so anche io. Ecco perché mi piace questo gioco che ti chiedo, che mi chiedi. Tutta una cosa nuova. Tutta una persona nuova. Eppure so che già capisci alcune cose che io non so dire. Le ascolto, ti chiedo. Poi faccio come sempre ho fatto, come farei. Per essere sicuro che l'eccezione confermerà le tue regole. Quelle che mi hai dato. Come gioco male. Che gioco sregolato sono. Pieno di truffe, adatto al baro. Mi scrive da un passato lontano, di un passato lontano in cui non passeggio più. Parla di strade che conosco bene. Strade impresse nella mia memoria di... pochi mesi fa. la metafora del tempo si chiude su uno strappo. Qualcosa dentro ha aperto un varco per altro. Io ho fatto poco. Tutto era già stato fatto molto tempo prima. E forse qualcuno mi ha aiutato. O qualcosa. Ora devo richiedere ancora di me. Avere un aggiornamento su questo torneo infinito con sempre nuove soluzioni, incastri, sfide. So che dirai cose che non so e che non penso di me. Inizierò a pensarle un momento dopo. E poi più. Un passo avanti e uno indietro. Tutti insieme.
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Di Carvelli (del 23/09/2009 @ 17:22:12, in diario, linkato 1085 volte)

Una volta mi disse che a New York l’arte del farsi strada dipende da quanto si è bravi a esprimere il proprio malcontento in modo interessante. L’aria è satura di rabbia e lagnanze. La gente non ha pazienza di stare ad ascoltare uno che si lamenta dei propri problemi, a meno che non lo faccia in modo divertente.

 

 

 

Don De Lillo – Rumore bianco

 

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Di Carvelli (del 23/09/2009 @ 09:59:50, in diario, linkato 833 volte)

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Finalmente trovo e linko la sequenza di Baci rubati in cui la Madame racconta per lettera l'apologo della differenza educazione/tatto. In francese è ancora più bella. Poi, va a casa di lui (dopo essersi fatta dare l'indirizzo in negozio) senza farsi annunciare e gli propone un contratto (un patto?)... invita il povero Antoine a superare l'imbarazzo (nella scena prima Antoine era scappato da casa di lei e si era licenziato). E' bello quando dice la rissposta sono io. Eccomi: la lettera diventa persona.

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Di Carvelli (del 23/09/2009 @ 08:57:13, in diario, linkato 678 volte)
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Di Carvelli (del 22/09/2009 @ 14:52:53, in diario, linkato 694 volte)
Faccio un appello veloce. Ci sono solo io. Di tutti a quelli a cui avevo detto di esserci, solo io. Ma solo a me l'avevo detto. E dunque cos'era questa attesa? Cosa e chi aspettavo? Forse è solo che me lo sono ricordato così tante volte che l'attesa è montata. Avrebbero dovuto essere presenti almeno tutti i me a cui l'ho detto nei giorni precedenti. Tanti me diversi. Provo a capire di tutti chi è venuto.
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Di Carvelli (del 22/09/2009 @ 09:27:53, in diario, linkato 2309 volte)

Rubo da www.nazioneindiana.com i preziosi consigli-tesi di Walter Benjamin. 13 o XIII (per dirla alla romana).

I. Chi intende procedere alla stesura di un’opera di vasto respiro si dia buon tempo e, al termine della fatica giornaliera, si conceda tutto ciò che non ne pregiudica la continuazione.
II. Parla di quanto hai già scritto, se vuoi, ma non farne lettura finché il lavoro è in corso. Ogni soddisfazione che in tal modo ti procurerai rallenterà il tuo ritmo. Seguendo questa regola, il desiderio crescente di comunicare diverrà alla fine uno stimolo al compimento.
III. Nelle condizioni di lavoro cerca di sottrarti alla mediocrità della vita quotidiana. Una mezza quiete accompagnata da rumori banali è degradante. Invece l’accompagnamento di uno studio pianistico o di uno strepito di voci può rivelarsi non meno significativo del silenzio tangibile della notte. Se questo affina l’orecchio interiore, quello diventa il banco di prova di una dizione la cui pienezza soffoca in sé persino i rumori discordanti.
IV. Evita strumenti di lavoro qualsiasi. Una pedante fedeltà a certi tipi di carta, a penne e inchiostri ti sarà utile. Non lusso, ma dovizia di codesti arnesi è indispensabile.
V. Non lasciarti sfuggire alcun pensiero, e tieni il tuo taccuino come le autorità tengono il registro dei forestieri.
VI. Rendi la tua penna sdegnosa verso l’ispirazione ed essa l’attirerà a sé con la forza del magnete. Quanto più lento sarai nel decidere di mettere per iscritto un’intuizione, tanto più matura essa ti si consegnerà. Il discorso conquista il pensiero, ma la scrittura lo domina.
VII. Non smettere mai di scrivere perché non ti viene più in mente nulla. E’ un imperativo dell’onore letterario interrompersi solo quando c’è da rispettare una scadenza (un pasto, un appuntamento) o quando l’opera è terminata.
VIII. Occupa una stasi dell’ispirazione con l’ordinata ricopiatura del già scritto. L’intuizione ne sarà risvegliata.
IX. Nulla dies sine linea: sì, però qualche settimana.
X. Non considerare mai perfetta un’opera che non t’abbia tenuto una volta a tavolino dalla sera fino a giorno fatto.
XI. La conclusione dell’opera non scriverla nel solito ambiente di lavoro. Non ne troveresti il coraggio.
XII. Gradi della composizione: pensiero, stile, scrittura. Il senso della bella copia è che in questa fase l’attenzione va ormai soltanto alla calligrafia. Il pensiero uccide l’ispirazione, lo stile vincola il pensiero, la scrittura ripaga lo stile.
XIII. L’opera è la maschera mortuaria dell’idea.

Walter Benjamin, La tecnica dello scrittore in tredici tesi
tratto da: Strada a senso unico (Einaudi, 1983)

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Di Carvelli (del 21/09/2009 @ 15:19:33, in diario, linkato 642 volte)
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