Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 24/05/2007 @ 09:42:35, in diario, linkato 1496 volte)
"Ho vissuto solo così a lungo che tutto quello che mi circonda è personale, privato. Non mi meraviglierei se non ci fosse più nessuno in grado di capire quel che dico". "Io ti capirò," disse con tenerezza. "Dammi solo un po' di tempo... e capirò tutto quello che dirai." Si strinse nelle spalle. "Ho anch'io un mio modo personale di scherzare..." "Da oggi in avanti..." dissi, "uniremo di nuovo i nostri codici privati e ricostruiremo un'intimità a due". "Sarà molto carino," disse. "Ancora uno stato a due," dissi. "Sì," disse.
Di Carvelli (del 24/05/2007 @ 09:25:16, in diario, linkato 1263 volte)
La notizia di oggi è... La notizia di ieri è che, da ieri, vive più gente nelle città che in campagna. Il rapporto si è invertito. Nel mondo ora le città hanno più abitanti che le campagne. Durerà? Cambierà ancora? Sarà irreversibile?
Sto leggendo Madre notte di Kurt Vonnegut. Cito Vonnegut che cita William Blake: "Cosa cercano gli uomini nelle donne?/ il profilo del desiderio soddisfatto. (letteralmente "The lineaments of Gratified Desire")/ Cosa cercano negli uomini le donne?/ Il profilo del desiderio soddisfatto."
Di Carvelli (del 23/05/2007 @ 16:14:33, in diario, linkato 1318 volte)
Mi è sembrata interessante la via alla recensione - come una specie di prodromo alla recensione - di Stefano Giovanardi all'ultimo libro di Sandro Veronesi. In effetti, un libro vecchio che esce come nuovo è un nuovo libro o un complemento ex post (non mi sembra bello usare post mortem ma è al norma di queste operazioni da fondo manoscritti) di una carriera? Un uscire per completare che di solito ha ragione in una esegesi definitiva, finale (appunto postuma)? Deve o non deve (riesce o non riesce) il critico a compiere lo scarto della eventualità del libro?
Di Carvelli (del 23/05/2007 @ 09:04:53, in diario, linkato 1336 volte)
Il corpo è stanco, gli occhi gonfi di sonno, le spalle indolenzite, le gambe molli. Faccio le previsioni del mio corpo come quelle del tempo. Verso le 12 vedo qualche nube di stanchezza e capogiri. Verso le 16 individuo piogge di dolori e non prima delle 24 segnalo l'abbandono del riposo. E' un clima sfavorevole alla pace.
Di Carvelli (del 22/05/2007 @ 08:55:34, in diario, linkato 1330 volte)
Vado a ritirare la moto. Ad un tagliando che si prevede usuale, normale. Ma come arrivo, alla rampa d'imbocco del garage-officina, un camion fermo e assembramento. Dicono: un uomo è stato assalito. Dicono: per ragioni futili. Dicono: perché era stanco di aspettare nel traffico formato dal camion fermo, fermo perché non riesce ad entrare nella discesa. Scendo e vedo l'autista che si preme stoffa sul naso che cola sangue. Il panno bianco è rosso (e bianco) nella officina nervosismo. Denunce inutili per linee polizia e carabinieri intasate. Mi preoccupo, collaboro. Poi tutti vanno via. Ritiro il mezzo e scopro una cifra spropositata e inattesa (hanno sostuito una cosa che chiedevo dal terzo mese del veicolo di sostiuire per problemi forse a quel punto in garanzia). Ma non riesco ad essere rissoso, a polemizzare. Faccio solo mostre di perplessità. Dico che siamo ad un decimo del valore della moto per la normale amministrazione dell'usura del veicolo. E me ne vado. Amareggiato, non iroso, non bellicoso. Mi domando se la mia reazione sarebbe stata diversa se non ci fosse stata la sequenza del mio arrivo. O se fosse un film al contrario uno sliding doors dell'assistenza al mio motoveicolo, la versione Tarantino.
Non mi piacciono le trasmissioni con gli scherzi telefonici. Radiofoniche o televisive. Non mi piacciono perché non ci vuole molto a trovare una persona che casca dalle nuvole, che ha ottant'anni o una cultura non elevata. Non mi piace in realtà l'umorismo sulle disgrazie altrui. Eppure molte mattine mi sveglio con una radio che intervista sprovveduti e mette risate finte come base alle loro perplessità.
A pensarci bene non c'è una motivazione profonda. Ad ascoltare non è che si deduca chissà quale particolare ascolto (di lei) e d'altronde si capisce pure che non c'è una malia né una semplice attrazione (di lui verso lei). Neppure una tentazione. Non si capisce quindi, a pensarci bene, perché lui stia confidando alla sua collega cose molto intime. Pagine della sua vita in casa. Con una punta di sindacale richiesta di considerazione per il suo operare nel contesto famigliare a dispetto della moglie che, si sottintende, gli manca di rispetto davanti ai figli. Descrive una scena di tavola silenziando appena, per non infastidire gli altri clienti del bar aziendale, le urala ben maggiori della consorte. Il racconto continua ispirato ad una remissività che non cambierà, a pensarci bene, neppure dopo questo inutile sfogo.
Di tutta la querelle sui maestri (buoni o no), sugli amici (effettivi e no), sui fratelli (di sangue, di latte, di sezione, di parrocchia, carcere o setta), i padri putativi e quelli semiotici me l'ha detta una collega. Che è una collega che pure scrive e che scrive senza preoccuparsi molto (molto meno di me) di queste querelle. E' lei che mi ha detto che la letteratura dovrebbe occuparsi del mondo ma che quando non riesce finisce per occuparsi di se stessa. Scrivo la sua frase dieci volte sul quadernetto. In bella copia. E senza accorgermene la declino. La letteratura che non si occupa del mondo si occupa di se stessa. La letteratura che si occupa di se stessa non si occupa del mondo. Il mondo non si occupa della letteratura che non si occupa del mondo. A furia di scrivere la grafia peggiora. Riscrivo: la letteratura si deve occupare del mondo.
Ieri sentivo questa curiosa notizia di una pubblicità prima messa e poi tolta (rimossa) negli Stati Uniti a costo e promozione di un avvocato (donna) divorzista che incitava al ricrearsi una vita. Un invito al divorzio insomma consigliato e incentivato da due - statuario modello e procace modella (senza testa nella foto) - tentazioni acefale. In tv commenti perplessi, retorica, indignazione. Stamattina invece uscendo dalla metro una pubblicità di un parco acquatico invitava (da un cartellone una biondina in due pezzi succinto che cavalcava delfino gonfiabile) a scivolare insieme a lei. Ho messo in relazione le due pubblicità, le due nazioni, le due ragazze.
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