Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 01/12/2006 @ 11:11:04, in diario, linkato 1422 volte)
Come in una piccola chiesetta, una basilica, un pulpito. Nel legno e nel tabernacolo, illuminato dalla divina luce in cima all'abside così io mi addormento. Con un occhio al cielo e uno in terra e senza paramenti. Dormo come il santo che non sono. Dormo come un uomo. E qualche volta non dormo e leggo e penso. Che non dormo. Ma poi ridormo ancora. da un poco è così. Non so per quanto.
Di Carvelli (del 30/11/2006 @ 08:49:37, in diario, linkato 1454 volte)
Quella interna e quella esterna. 16.3 è quella esterna (interna alla casa), 36.5 quella interna. Che differenza! Si spiega la ragione della sensazione-freddo? E fuori ancora?...8? 10? Tutta la distanza tra le cose pare possa riassumersi in questo due di gradi diversi. Chi è più freddoloso e che è più caloroso. L'uno cerca o meno l'altro. L'uno i locali l'altro i luoghi aperti. Insomma: due mondi in due gradi (differenti).
Di Carvelli (del 29/11/2006 @ 15:04:13, in diario, linkato 1443 volte)
Quanti anni hai? chiedo alla vecchia versione di un mio libro e poi mi verrebbe da dirgli che forse è il caso che ci lasciamo. Ma non me la sento. Come fai a dire ad un libro che ti è stato vicino per anni che forse compri un'edizione nuova (ovvio, parlo di un libro a cui ho voluto bene)...Scrivo questo mentre prendo in mano un intonso Il circolo Pickwick di Cherles Dickens edizione BIETTI. Avete presente i libri della Bietti? Quelle copertine disegnate, coloratissime che ricordano i classici per ragazzi degli anni Settanta. Se li avete comprati in tutti i casi non siete miei coetanei e 1 ho avete ereditato (qualcuno anche io) o 2, come me, li avete comprati all'usato. Perché Bietti che mi risulti (quel Bietti lì non esiste più). Il mio è un libro intonso e davvero non devo accampare scuse sulla tradizione demodé...il libro si può leggere benissimo e siamo sicuri che sarebbe migliore un'altra traduzione in commercio? Certo ha caratteri un po' piccoli ma... Ma come! ho aspettato tanto (tra l'altro intonso, nuovo per quanto olezzante muffa) e tu mi prendi e mi molli...Pare che mi guardi così quella carta gialla e dolciastra. E infatti no: vado avanti. Poi dici l'amore fedele...
Di Carvelli (del 28/11/2006 @ 09:19:34, in diario, linkato 1469 volte)
Scrive Luisa Taliento in un articolo dell'espresso dal titolo Slow Foot People (qui la versione completa) che prenderebbero sempre più piede - è il caso di dire - delle "vacanze al rallentatore". Vacanze che avrebbero il ritmo di un andare piano. E indica anche sette buone regole per godere di questi viaggi lenti. Queste:
1 Scegliere una zona limitata, non più grande di una regione; 2 Prenotare piccole strutture: agriturismo, farm house, case in affitto; 3 Fermarsi almeno una settimana; 4 Frequentare gli stessi posti (bar, ristoranti, negozi) per conoscere la gente del luogo; 5 Evitare l'auto e gli spostamenti continui; 6 Portare nel bagaglio più libri e meno guide turistiche; 7 Lasciare a casa la macchina fotografica e privilegiare le emozioni.
Provo a pensare se tutto questo possa adattarsi ad un quartiere di Roma e per esempio quale. Se - mutando l'ordine e il peso dei numeri - privarsi della macchian fotografica possa corrispondere a spegnere il cellulare e tagliare l'intrusione esterna. E poi l'autobus e poi una continuità nei giorni: stesso pane nello stesso alimentari, stessa frutteria, stessa ferramenta con quei quesiti interminabili e fatui. Detto per inciso, poi, parliamo di una città che, sia pure superficialmente, è disposta ad accoglierti e coinvolgerti in uno scarto breve di tempo. Insomma ho pensato che si possa essere slow anche qui dove vivo ma un po' più in là. Nella certezza che già a quattro o cinque isolati da casa mia c'è un diverso microclima, una diversa antropologia, usi e costumi. E che valga la pena conoscerli o addirittura viverli. Non è detto per raccontarli.
Di Carvelli (del 28/11/2006 @ 08:27:27, in diario, linkato 1370 volte)
Forse esco alla stessa ora a cui escono tutti gli altri. Nell'esatto momento in cui tutti sono in macchina, tutti portano i figli a scuola lasciando per tempi interminabili l'auto in doppia fila per accertarsi che quel grazioso frugoletto sieda al suo banco e la maestra o la bidella abbiano un sorriso per entrambi. Esco nell'esatto momento in cui tutti fanno colazione, tutti fanno benzina. Tutti s'ncolonnano per girare. Tutti i camion scaricano latte e cornetti e pane e altri generi necessari e non. E in più c'è nebbia. Ovunque. Due auto si sono tamponate e un vigile registra il sinistro sul suo verbale guardando in faccia una focus rossa con un ghigno malforme. E' martedì: non lunedì riposato, né giovedì in attesa. E' martedì: bisogna mettere da parte.
Di Carvelli (del 27/11/2006 @ 14:10:35, in diario, linkato 1355 volte)
Cerchi di sorridere sempre. O di essere sincero almeno. La prima cosa che pensi è "come faccio a far sì che tutti qui intorno stiano bene?" E poi lo fai. Fai quello che sai fare per quello. E cerchi di essere te stesso anche in questo gioco all'altro. Ché non sembri un modo di accontentare e che non ti snaturi. Ma che neppure se ne senta un peso. Poi te ne vai a dormire.
Di Carvelli (del 23/11/2006 @ 08:54:27, in diario, linkato 1415 volte)
In certe condizioni persino un ristorante cinese take away è come il salone di un barbiere e si aspetta risobianco e pollo alle verdure come si aspetterebbe il proprio turno alla poltrona del taglio. E c'è un giornale vecchio che intervista un personaggio del "mondo dello spettacolo". Un'attrice. Non scrivo il nome. Che alla domanda "e gli uomini?" si profonde in complimenti per i suoi tre cagnolini che ama "ricambiata" (così) e che non sente necessità d'altro. Ma siccome non si è capito sottolinea che gli uomini in fatto di amore avrebbero molto da imparare dai cani. Può essere.
Di Carvelli (del 22/11/2006 @ 15:03:27, in diario, linkato 1432 volte)
Un piccolo passo indietro. Il ritorno ad un tempo felice in cui nessun errore era stato compiuto e una cosa era una cosa. Un salto appena in là, dove nessuno avrebbe mai osato pensare nulla per incertezza e per pudore. Dentro quell'incanto che solo può incorniciare la felicità. Fuori da quella nuvoletta i nostri brutti caratteri, le nostre asseverate certezze e una piccola trincea dalla quale abbiamo dichiarato guerra a chi non è come noi.
Di Carvelli (del 22/11/2006 @ 09:25:12, in diario, linkato 1369 volte)
Alla morte di Robert Altman mi viene in mente il suo ultimo bel film. Un film che rischia di rimanere un testamento della sua opera. Cerco tracce dellla sua fine nei ricordi di quelle immagini che mi piacevano e mi stavano distanti di un passo. E la morte c'era anche senza doverla cercare col lumino dell'equilibrismo critico o sensoriale. La morte era lì e girava per le quinte del teatro di Radio America. Era una morte dolce e un po' beffarda ma alla somma affascinante. Seducente. Forse è il modo migliore per andarsene. Insieme a Novecento di Paolo Conte e al suo tempo.
Dicono che quei cieli siano adatti al cavalli e che le strade siano polvere di palcoscenico Dicono che nelle case donne pallide sopra la vecchia «Singer» cuciano gli spolverini di percalle, abiti che contro il vento stiano tesi e tutto il resto siano balle, vecchio lavoro da cinesi… eh… eh… Dicono che quella vecchia canzoncina dell’ottocento fa sorridere in un dolce sogno certe bambole tutte trafitte da una freccia indiana, ricordi del secolo prima, roba di un’epoca lontana, epoca intravista nel bagliore bianco che spara il lampo di magnesio sul rosso folle del manganesio.. eh… eh… Indacato era il silenzio e il Grande Spirito, che rellentava la brina, scacciava i corvi dalla collina… come una vecchia cuoca in una cucina sgrida i fantasmi del buongustai in una lenta cantilena… Lasciamo stare, lasciamo perdere, lasciamo andare non lo sappiamo dov’eravamo in quel mattino da vedere… eh… eh… Dov’eravamo mai in quel mattino quando correva il novecento le grandi gare di mocassino… lassù, sui palcoscenico pleistocenico, sull’altopiano preistorico prima vulcanico e poi galvanico… dicono che sia tutta una vaniglia, una grande battaglia, una forte meraviglia… eh… eh… Galvanizzato il vento spalancava tutti i garages e liberava grossi motori entusiamati… la paglia volteggiava nell’aria gialla più su del regno delle aquile dove l’aereo scintilla… l’aereo scintillava come gli occhi del ragazzi che, randagi, lo guardavano tra i rami del ciliegi… eh…eh…
Di Carvelli (del 22/11/2006 @ 08:23:39, in diario, linkato 1414 volte)
Facciamo un piccolo circolo e diciamoci il perché di questa passione. Prendiamo ognuno la parola e rivolgiamoci agli altri e diciamo loro perché abbiamo amato Izzo. Io dirò che è Casino totale il mio libro preferito dello scrittore marsigliese. Tu, sono sicuro, dirai Il sole dei morenti e lei dirà Solea. Ora ognuno dica perché. Ora ognuno racconti cosa gli è successo in relazione a quel libro. Chi ha incontrato qualcuno per caso in un treno. Chi ha visto una ragazza leggerlo e ha pensato "l'amerò". Chi leggendolo ha detto "ecco che non sono solo" o almeno "questa è la solitudine che mi rende felice". E sei stato un po' più felice. Da quel momento. Senza disperazione, senso di fallimento. Persino amare e di amore soffrire non è cosa che da allora possa spaventare. Ora parla lei e dice che siamo tutti scritti in quelle pagine. Lui che reclama la bellezza dell'originale francese. E ora abbracciamoci.
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