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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 21/07/2008
Di blog. Mi piace leggere questo www.internazionale.it/interblog/?blogid=23 di Internazionale di cui è autore Claudio Rossi Marcelli. Ve ne linko uno (sotto). A proposito di Internazionale invece non manco mai di leggere ogni settimana la piccola striscia di Gipi. Questa settimana era dedicata ai tassinari, alla violenza sulle donne quella sollevata dal rango di violenza sotto la specie più autocompiaciuta del machismo o della virilità che dir si voglia. Insomma ecco che vi invito a riflettere di quanto male ci costa la nostra scelta sessuale e di quanto bene potrebbe, invece, portarci se riuscissimo a domarla. Di seguto il post di CRM.
Né gay né ebrey La competizione per fare il testimone di nozze per una cara amica può essere un gioco molto, molto pericoloso.
Quando ha annunciato che si sarebbe sposata in chiesa, noi abbiamo tutti storto il naso. La mia amica G è atea, anticlericale e di discendenza ebraica. Ed è stata per anni una grande frequentatrice della zona bestemmia.
Ma poi ci ha spiegato che lei e il suo futuro marito amano molto l'aspetto estetico e tradizionale del matrimonio cattolico: il vestito bianco, il bouquet, lo scambio delle fedi. Insomma, l'amica G ci ha fatto sapere che si sposa in chiesa un po' per lo stesso motivo per cui lo fa un numero sempre crescente di giapponesi: perché è tutto così carino!
Tranquillizzati da questa concezione pagana delle nozze, ci siamo buttati tutti a capofitto nei preparativi e, a oltre un anno di distanza dall'evento, già passiamo delle ore a discutere dei minimi dettagli.
Ieri c'è stata una delle discussioni più infuocate: la scelta dei testimoni. L'amica G ha scelto di averne solo due (eliminando la triste usanza di averne tre, quattro, cinque di cui però solo due "firmatari" con un ruolo istituzionale). Scelta sobria e giusta. Ma chi saranno questi due?
Il primo è suo fratello: un mio amico carissimo con cui recentemente avevo litigato a morte su Facebook e con cui, ho il piacere di annunciarvi, ieri ho fatto pace in modo, molto affettuoso. Per il secondo posto è chiaro a tutti che i principali contendenti siamo io e la migliore amica di G.
Ma c'è un problemino. Anzi due: io sono un gay con prole e l'altra ragazza è un'ebrea che di recente si è trasferita a Tel Aviv per essere ancora più ebrea. Due persone che la chiesa non farebbe i salti di gioia ad avere davanti all'altare e soprattutto due persone che non sarebbero così contente di firmare un documento dove dichiarano di essere cristiani cattolici, di non convivere, di non usare contraccettivi e, implicitamente, di non essere né gay né ebrei.
Che serva firmare il documento, però, è tutto da vedere. Di certo lo fanno firmare ai padrini/madrine di battesimo (me lo ha raccontato tra le lacrime un'altra amica che, appena mollata dal suo convivente, ha dovuto anche firmare una dichiarazione di NON essere convivente). Ma il testimone di nozze penso che sia una figura del diritto civile: tipo il tizio in fila dietro a te che ti fa da testimone per la carta d'identità.
E poi c'è la questione sacramenti. Bisogna essere battezzati/comunionati/cresimati per poter fare da testimone? Questo giocherebbe a mio favore perché io, al contrario della mia rivale di Tel Aviv, sono cresimato. Eh sì, lo so, un brutto scherzo del destino (o un brutto scherzo di mia madre, per essere più precisi), ma è così.
Comunque, stretta tra tutte questi dubbi e difficoltà, che nessun forum di matrimoni e future spose è riuscito a risolvere definitivamente, l'amica G ha cominciato a pensare di scendere al gradino di candidati sottostante. Dopo il gay e l'ebrea, ci sono a parimerito le tre amiche dell'università. Tutte e tre cristiane, tutte e tre rispettabili, tutte e tre presentabili. Appunto, tutte e tre: come fare a sceglierne una senza che le altre due rompano l'amicizia in preda allo sdegno e alla delusione?
A quel punto sono cominciati a uscire i nomi più assurdi come candidati testimoni: l'amica del liceo che G non vede più da anni, la cugina a cui non ha quasi mai rivolto parola, il figlio della portiera a cui era così affezionata.
Insomma, il caos più totale. Per facilitare le cose, allora, io ho fatto un nobile passo indietro: "Cara G, io spero che i testimoni possano essere anche di altre religioni e quindi ritiro la mia candidatura e endorso la mia rivale (Yes, we can!). Ma a una condizione: che le mie figlie possano essere le mini damigelle che precedono la sposa spargendo petali di rosa".
Un atto di profonda umiltà che apparentemente mi avvicina alla chiesa delle origini, ma che invece avrà l'effetto di rimettere me e la mia famiglia al centro della funzione. Perché lo sanno tutti che i testimoni non se li fila nessuno, mentre i paggetti sono i veri attori non protagonisti di un matrimonio.
Non capita spesso di avere buone sorprese dal web e in specie dal mondo dei blog ma mi piace scoprire grazie alla mia amica lontana ma sempre presente nelle letture e negli scambi epistolari - Rima - questo piccolo spazio di racconti fuori dal Continente. Lo scrive una ragazza italiana, Viviana, con una grazia leggera che rafforza lo stridore di certi contrasti che racconta. Aveva ragione la mia amica: "si legge come un romanzo, un pezzo di seguito all'altro senza pausa, come se si volesse andare avanti in una lettura seriale". Mi domando come mai si dia e si sia dato tanto spazio editoriale a quei campionari un po' veloci di sessopratica e non abbia trovato luce nella stessa onda "esperienziale" una generazione di cooperatori, sostenitori del diverso, aiutanti nella lotta alla emarginazione, scopritori e raccontatori di altri mondi. Qui vi segnalo un post recente. Il resto lo trovate qui. Dimenticavo: Il titolo del blog è You still have the waves in your eyes
Qui, a scuola picchiano i bambini. L'ho scoperto mesi fa, in una serata qualunque nel sottobosco con qualche amico di Orisha. Parlavano di quando erano alle elementari, di quando la maestra tirava fuori la riga. Non potevo credere a quelo che stavo sentendo, mi sembrava una cosa da Medio Evo. E da quel momento ho cominciato a sollevare l'argomento con frequenza, per capire quanto questa pratica fosse diffusa, ma soprattutto per sentire le opinioni della gente. "Ma certo, tutti le prendono, prima o poi", mi diceva una ragazza con una scrollatina di spalle. L'ho chiesto a molti, tutti hanno confermato, nessuno e' stato risparmiato. Chi piu' chi meno, tutti le hanno prese.
"Ma Vivi, devi capire che questa non e' l'Europa", mi diceva Trudy. "Qui i ragazzini non hanno rispetto. Crescono in strada, senza padri, senza figure di riferimento. Non sanno nemmeno cosa sia l'autorita'. Non ascoltano, disturbano, distruggono le sedie, le aule. Come si fa a tenerli sotto controllo senza il pugno di ferro? Come credi di poterli minacciare?", "Con una nota, un brutto voto?" ho azzardato io. Lei e' scoppiata a ridere. "Cosa vuoi che gliene importi ai piccoli delinquenti di un voto o di una nota? Cara grazia se vengono a scuola!". Il ragionamento a suo modo teneva, ma io ero agghiacciata. Semplicemente, non era una soluzione accettabile.
Man mano che proseguivo con le domande mi si formava un quadro piu' completo della situazione. I piu' fortunati venivano colpiti solo sulle palme delle mani. I piu' discoli ricevevano botte sul sedere. La cosa forse piu' scioccante e' stato scoprire che nella maggior parte dei casi non si trattava affatto di colpetti simbolici, ma di vera e propria violenza sui bambini. Un ragazzo grande e grosso con un sorrisone bianco sulla faccia nera ricordava di quando andava a scuola con cinque paia di pantaloni sovrapposti, perche' gia' sapeva che le avrebbe buscate, e cosi' avrebbe fatto meno male. Mi sono chiesta quanti pianti ingoiati stessero dietro alla sua risata indifferente.
Un'altra brutta scoperta e' stata l'arbitrarieta' di questo trattamento. Coloro che hanno frequentato scuole piu' o meno prestigiose hanno vissuto questa esperienza solo come metodo disciplinare, che per quanto aberrante aveva una sua logica. Ad ogni errore corrispondeva un numero preciso di botte, e punto. Era un sistema di giustizia. Ma i ragazzini piu' indisciplinati, o quelli che finivano nelle scuole peggiori, ricevevano un trattamento ben diverso.
Ne parlava anche Mister K in uno dei suoi shows nel cortile di casa, in cui lui regolarmente commenta i piu' delicati argomenti di attaulita' traducandoli in un linguaggio comprensibile ai suoi amici cannaioli. "I bambini vengono picchiati nella piu' assoluta impunita'. Da maestri che non fanno altro che sfogare le loro frustrazioni. Che ci godono. Pieno cosi' di maestri che ci godono". E faceva l'imitazione di una maestra sadica che picchiva, picchiava e godeva, e i suoi amici ridevano a quello spettacolino grottesco. Poi lui si zittiva per un secondo, pieno di rabbia. E su tutti loro passava un'ombra di qualche ricordo fugace a cui non potro' mai avere accesso.
Fotografie del 21/07/2008
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